A proposito degli impianti sportivi pubblici

Fatta la breve analisi del post precedente (Autonomia e responsabilità), occorre però trovare un’alternativa. Credo che la gestione degli spazi pubblici e/o di proprietà pubblica debba essere demandata ai diretti interessati, coloro che in quegli spazi organizzano la loro vita e la loro professione. Inserire una realtà di mezzo come si è fatto per la gestione degli impianti sportivi, ha consentito a un manipolo di anti sportivi molto arroccati sui loro diritti e dimentichi dei loro doveri, di tenere ripetutamente in ostaggio intere generazioni di atleti utilizzando le strutture sportive per i propri scopi rivendicativi, quando non apertamente vendicativi. Leggi tutto “A proposito degli impianti sportivi pubblici”

Autonomia e responsabilità

Dei lavoratori che ci accade intravvedere in giro per Palermo, presso impianti sportivi o presso uffici pubblici, in giro per le strade o imboscati da qualche parte, sempre ricaviamo la sensazione che siano pagati per non fare nulla. Delle due l’una: o è un’ingiusta chiacchiera oppure c’è un problema di organizzazione del lavoro e della forza lavoro. Poiché ho difficoltà a credere che centinaia di miglia di palermitani si siano coalizzati contro poche migliaia di lavoratori pubblici o con contratto pubblico o semi-privato, ne ricavo la sensazione che esiste un difetto di organizzazione. Leggi tutto “Autonomia e responsabilità”

La cura diffusa

Ogni candidato dovrebbe dire perché si candida. Me lo sono chiesto anch’io: perché mi candido? Qual è l’istinto primario che mi ha spinto? Perché non si può e non si deve rinunciare all’idea che qualcosa si deve fare, per la propria città come, in generale, per il bene comune. L’idea che la politica faccia schifo ha un triste diritto di cittadinanza nell’universo delle nostre opinioni. Va tuttavia rimosso l’atteggiamento che ci fa stare affacciati alle finestre a guardare quel che succede con il solo scopo di denigrare, lamentarci, sparare – vili come i cecchini – addosso a quelli che nell’arena ci mettono le gambe, il cuore, le idee. Scendere in campo si deve. Certo, qualcuno può dirsi portato, altri negato, qualcuno può vantare vocazione e passione mentre altri, come me, semplice disponibilità.
Si tratta, cioè, nel mio caso, di volontà di partecipazione a un processo di riordino di questa caotica città che è divenuta Palermo. Si badi: non con la sola inane vanteria dei sindaci precedenti, accomunati da un secondo mandato da lestofanti, ma anche con la vile indolenza di chi privilegia il proprio comodo allo sforzo di far qualcosa per la comunità, cioè i cittadini palermitani nella stragrande maggioranza.
Da educatore ho il dovere della speranza come dell’impegno, quello che spinge a compiere sempre il primo passo senza attendere che tutti gli altri cambino prima di cambiare noi stessi (e poi, che presunzione!). L’impegno tipico dell’educatore è quello che di volta in volta riparte da zero, senza serbare rancore nei riguardi di chi, in precedenza, ha accumulato esiti e comportamenti negativi. L’impegno tipico dell’educatore è quello sempre propositivo che cerca un modo per stare tutti assieme e cerca una soluzione per far sì che ciascuno trovi una propria collocazione.
Nella mia candidatura a consigliere comunale porto dunque questa esperienza, questo atteggiamento che chiamiamo pro-sociale, di stimolo alla partecipazione attiva, al contributo collettivo, alla solidarietà condivisa, al civismo diffuso, alla crescita comune. In sintesi, mi candido perché per salvare Palermo, occorre che tutti comprendiamo che non c’è diritto senza esercizio del dovere.

Perché mi candido

Ogni candidato dovrebbe dire perché si candida. Me lo sono chiesto anch’io: perché mi candido? Qual è l’istinto primario che mi ha spinto? Perché non si può e non si deve rinunciare all’idea che qualcosa si deve fare, per la propria città come, in generale, per il bene comune. L’idea che la politica faccia schifo ha un triste diritto di cittadinanza nell’universo delle nostre opinioni. Va tuttavia rimosso l’atteggiamento che ci fa stare affacciati alle finestre a guardare quel che succede con il solo scopo di denigrare, lamentarci, sparare – vili come i cecchini – addosso a quelli che nell’arena ci mettono le gambe, il cuore, le idee. Scendere in campo si deve. Certo, qualcuno può dirsi portato, altri negato, qualcuno può vantare vocazione e passione mentre altri, come me, semplice disponibilità.
Si tratta, cioè, nel mio caso, di volontà di partecipazione a un processo di riordino di questa caotica città che è divenuta Palermo. Si badi: non con la sola inane vanteria dei sindaci precedenti, accomunati da un secondo mandato da lestofanti, ma anche con la vile indolenza di chi privilegia il proprio comodo allo sforzo di far qualcosa per la comunità, cioè i cittadini palermitani nella stragrande maggioranza.
Da educatore ho il dovere della speranza come dell’impegno, quello che spinge a compiere sempre il primo passo senza attendere che tutti gli altri cambino prima di cambiare noi stessi (e poi, che presunzione!). L’impegno tipico dell’educatore è quello che di volta in volta riparte da zero, senza serbare rancore nei riguardi di chi, in precedenza, ha accumulato esiti e comportamenti negativi. L’impegno tipico dell’educatore è quello sempre propositivo che cerca un modo per stare tutti assieme e cerca una soluzione per far sì che ciascuno trovi una propria collocazione.
Nella mia candidatura a consigliere comunale porto dunque questa esperienza, questo atteggiamento che chiamiamo pro-sociale, di stimolo alla partecipazione attiva, al contributo collettivo, alla solidarietà condivisa, al civismo diffuso, alla crescita comune. In sintesi, mi candido perché per salvare Palermo, occorre che tutti comprendiamo che non c’è diritto senza esercizio del dovere.

Quel che mi Costa

Tempo di elezioni, tempo di buoni propositi, tempo di resa dei conti. Ad ogni nuova tornata elettorale si rinnova, quasi un ciclo di primavera, un universo che tuttavia appare sempre immobile e intangibile, chiuso com’è nel pregiudizio ormai legittimo della gente e nel giudizio spesso poco onorevole della politica come della magistratura. Parlo del mondo di quella politica locale, l’amministrazione delle città, per grandi che siano, che dovrebbe pratica l’arte della concretezza da tramutarsi in qualità della vita. Eppure…

Leggi tutto “Quel che mi Costa”

Le banche della guerra

L’etimologia della parola Banca è interessante: si tratta, infatti, della forma femminile del termine “banco” che, secondo la documentazione storica attestata, era il luogo in cui si dava la paga ai soldati. Da lì, la parola prese una strada che la portò a occupare un posto centrale nella dimensione del commercio e degli scambi di merci, affari, valute e denari. Noi la conosciamo sotto questa veste.

Leggi tutto “Le banche della guerra”

Un antidoto alla globalizzazione: realtà locali e internazionalizzazione

Ho già avuto modo di dire che la tendenza alla globalizzazione che così fortemente caratterizza il mondo contemporaneo non è da intendersi come una chiave di lettura della modernità quanto piuttosto come il male, il carcinoma della contemporaneità. Diverso è il discorso relativo all’internazionalizzazione. L’apertura alle relazioni con gli altri paesi favorita dalla diffusione dei mezzi di comunicazione e dall’accessibilità di questi come dei mezzi di trasporto, consente il superamento delle barriere locali che un tempo definivano vari gradi di provincialismo ai quali sempre si potevano ricondurre le forme di chiusura, di autocrazia, di autoreferenzialità, di protezionismo, di estraneità, di diffidenza nei confronti dell’altro.
Leggi tutto “Un antidoto alla globalizzazione: realtà locali e internazionalizzazione”

La globalizzazione: concetto o carcinoma?

Della contemporaneità si registra una caratteristica sulla quale tutti concordano: la globalizzazione. È però singolare che tale definizione, assunta a “concetto” rappresentativo di un’epoca – la nostra – sia passata in giudicato senza alcuna reale discussione sul suo valore e, dunque, sulla sua rispondenza. Vorrei provarci seppure in via preliminare in vista di ulteriori riflessioni.

Leggi tutto “La globalizzazione: concetto o carcinoma?”

Il nuovo che avanza…

Qualche giorno fa Bersani ha lanciato la candidatura di Rita Borsellino a sindaco della città di Palermo. E prontamente si è passati al diktat. Tecnicamente: un’ingerenza della direzione centrale di un partito con sede a Roma e leader romagnolo che “decide” cosa è giusto per il capoluogo della Sicilia. Nel frattempo cos’era accaduto? Già da qualche settimana, si erano registrate fibrillazioni pre-elettorali dalle quali sono spuntati alcuni nomi. I soliti dei soliti noti. Con una novità:

Leggi tutto “Il nuovo che avanza…”