Non c’è diritto senza dovere

“Non c’è diritto senza esercizio del dovere”. Mi sono dato questo principio e la mia vita personale è stata un susseguirsi di impegni, rinunce e sacrifici. Mi sono sempre posto il problema del dare l’esempio, di fare prima di lamentare, di partecipare prima di giudicare, di agire prima di star seduto alla finestra per sparare su chiunque ci provasse a far qualcosa. Considero il qualunquismo una forma di imbecillità, il disfattismo pura vigliaccheria, lo snobismo la più insidiosa patologia di ebetismo. Dal che se ne deduce che ho sempre lavorato molto. E talvolta commesso degli errori di cui non ho alcuna vergogna perché mi hanno insegnato qualcosa.
Dell’esercito di rammolliti che si sentono disturbati, offesi, corteggiati, incalzati, stressati, inseguiti, circuiti, per il flusso di inviti e proposte che inevitabilmente il gioco della democrazia mette in campo in prossimità delle elezioni, ho una considerazione che fa appello alla pietà cristiana per non debordare nell’insulto animoso. Lo stesso insulto che il sergente rifila al soldato rammollito in zona di guerra se quello alla prontezza che gli si richiede sostituisce la denigrazione, l’autocommiserazione, la paura inoperosa.
Del resto, quale diritto può pretendersi di giudicare chi ha mancato ai propri doveri se noi pure rifuggiamo dal dovere primo che è quello del voto? Astenersi, infatti, significa ledere il diritto altrui a darsi e mantenere regole democratiche. Il disfattismo individuale è una mina pericolosa – sebbene comprensibile – che sottrae spazio civile a quanti cercano una via d’uscita che sia migliore dello statu quo (qualcuno ricorda l’ammonimento di Kant?). Chi si sottrae al dovere del voto non ha diritto alcuno, neanche quello di insultare i politici di vecchia data, soprattutto non ha il diritto di calunniare quelli di nuovo conio che almeno ci provano. La vergogna non è il frutto della sola corruzione che ha raggiunto dimensioni inaccettabili, essa fiorisce anche ovunque attecchiscano la viltà, l’indolenza, l’inconcludenza, la mollezza, l’ipocrisia.
Il voto è un diritto individuale ma, soprattutto, è un dovere collettivo che mette in gioco il futuro, ovvero le condizioni in cui lasceremo i nostri figli.

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