Quel che mi Costa

Tempo di elezioni, tempo di buoni propositi, tempo di resa dei conti. Ad ogni nuova tornata elettorale si rinnova, quasi un ciclo di primavera, un universo che tuttavia appare sempre immobile e intangibile, chiuso com’è nel pregiudizio ormai legittimo della gente e nel giudizio spesso poco onorevole della politica come della magistratura. Parlo del mondo di quella politica locale, l’amministrazione delle città, per grandi che siano, che dovrebbe pratica l’arte della concretezza da tramutarsi in qualità della vita. Eppure…


Palermo non sfugge a questa caotica e dissennata dimensione del fare che si attorciglia sul dire litigioso, sul dichiarare vanitoso, sul lamentare ipocrita. Parole, parole, parole… Non quelle da filosofi, ai quali si deve il massimo di concretezza nel pensare astratto che prepara l’azione, ma quelle vaneggianti di chi coniuga il rispetto come forma del timore, di chi si appaga della superficialità come fosse una leggerezza ambita dell’essere, di chi si appropria dell’altrui in nome di uno spirito comunitario che non sente se si tratta del suo.
Questo mi consta se giro intorno lo sguardo. Da educatore, tutta una vita impegnato nel sociale, senza orari, senza il “mio” né il “tuo”, sempre a diffondere l’idea del “nostro” e dell’agire comune, tutto ciò mi costa. Perchè verrebbe voglia di mollare tutto e andare via, lontano, dove lo spazio, coincidente con un altro stato, già possiede le caratteristiche di civiltà che vado predicando da decenni. Quando sulla scena di questa città avvezza alla resa, al vaniloquio ed al delirio presuntuoso, appare un rumoreggiare di giovani accesi e determinati, tale che non si può far finta di niente. Ed è una bella sorpresa. Si contendono il governo della città, rivendicano il diritto di riprendersela, di cambiarla, riportarla ad uno splendore che hanno appreso dai libri di storia ma mai conosciuto nella loro giovane vita. Così mi dico, perchè no? Perchè non provare ancora, in fondo, non sono uno di quelli che gettano la spugna, piuttosto uno spirito coriaceo, uno che ha imparato nella vita a non mollare mai. Mi tocca anche, un educatore non può rifugiarsi nella disperazione, dovrebbe allora cambiare lavoro, non si sta coi giovani per privarli della speranza del futuro e di un futuro migliore. Li si aiuta, piuttosto, a costruirlo, giorno dopo giorno. È così che ho deciso, pur non avendo mai preso parte attiva alla politica dei partiti, pur avendo sempre svolto un’attività che politica lo era per davvero, perchè legata al territorio e alla quotidianità di quelle comunità che facevano capo alle scuole che dirigo. Solitamente unico presidio di legalità, almeno nei luoghi in cui io ho fatto trincea.
Nel panorama di questi giorni, da quel che mi consta, è Costa, Massimo Costa, il candidato che più mi ha persuaso ed è con lui che ho scelto dunque di provare a sedere in consiglio comunale. Ciò che ha indotto altri a ipotizzare che fosse un candidato dissennato, le sue dichiarazioni inaugurali, ha consentito a me di riconoscere in lui non soltanto un giovane volenteroso, ce ne sono altri in questo agone. Quel che mi Costa è che Massimo ha una “visione” di Palermo. Cosa diversa dall’avere un progetto che, per quanto buono e articolato, è pur sempre un progetto. A ciascuno il suo, d’altra parte. La visione di Costa è invece un modo di immaginare il volto che la città dovrà avere, un volto contemporaneo, sereno, col sorriso, rispettoso di ogni alterità, aperto alla gentilezza e all’innovazione, rigoroso sui doveri ma pronto a dare l’esempio, corredato persino di quel senso del bello che mi ha permesso di vincere difficili battaglie nella mia scuola, in un quartiere a rischio. Quel che vogliamo fare con Massimo Costa è possibile, in piccolo io l’ho già fatto nel territorio dove lavoro e dove conduco una comunità che ho trovato affossata tra incuria e abbandono e che oggi vive una stagione di speranza, di opportunità, di crescita, di rispetto delle regole, di apertura europea. Un modello, il nostro, che funziona.
Eccomi dunque, al punto di partenza. Pronto per lo sprint degli aspiranti candidati al consiglio comunale di Palermo. Osservo la sicumera di alcuni uscenti, la baldanza di qualche veterano, la determinazione dei nuovi, l’allegria degli inediti tra i quali mi annovero con stupore non ancora sopito. E mi viene da dire che comunque vada, sarà un successo. E questo, alla tirata dei conti, è quel che mi Costa.

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