Ogni candidato dovrebbe dire perché si candida. Me lo sono chiesto anch’io: perché mi candido? Qual è l’istinto primario che mi ha spinto? Perché non si può e non si deve rinunciare all’idea che qualcosa si deve fare, per la propria città come, in generale, per il bene comune. L’idea che la politica faccia schifo ha un triste diritto di cittadinanza nell’universo delle nostre opinioni. Va tuttavia rimosso l’atteggiamento che ci fa stare affacciati alle finestre a guardare quel che succede con il solo scopo di denigrare, lamentarci, sparare – vili come i cecchini – addosso a quelli che nell’arena ci mettono le gambe, il cuore, le idee. Scendere in campo si deve. Certo, qualcuno può dirsi portato, altri negato, qualcuno può vantare vocazione e passione mentre altri, come me, semplice disponibilità.
Si tratta, cioè, nel mio caso, di volontà di partecipazione a un processo di riordino di questa caotica città che è divenuta Palermo. Si badi: non con la sola inane vanteria dei sindaci precedenti, accomunati da un secondo mandato da lestofanti, ma anche con la vile indolenza di chi privilegia il proprio comodo allo sforzo di far qualcosa per la comunità, cioè i cittadini palermitani nella stragrande maggioranza.
Da educatore ho il dovere della speranza come dell’impegno, quello che spinge a compiere sempre il primo passo senza attendere che tutti gli altri cambino prima di cambiare noi stessi (e poi, che presunzione!). L’impegno tipico dell’educatore è quello che di volta in volta riparte da zero, senza serbare rancore nei riguardi di chi, in precedenza, ha accumulato esiti e comportamenti negativi. L’impegno tipico dell’educatore è quello sempre propositivo che cerca un modo per stare tutti assieme e cerca una soluzione per far sì che ciascuno trovi una propria collocazione.
Nella mia candidatura a consigliere comunale porto dunque questa esperienza, questo atteggiamento che chiamiamo pro-sociale, di stimolo alla partecipazione attiva, al contributo collettivo, alla solidarietà condivisa, al civismo diffuso, alla crescita comune. In sintesi, mi candido perché per salvare Palermo, occorre che tutti comprendiamo che non c’è diritto senza esercizio del dovere.