Ho sempre amato molto Ann-Lynne Angevene Griselda Lennox, meglio nota come Annie Lennox (nata ad Aberdeen, classe 1954), la cantante britannica, fondatrice e membro degli Eurythmics. Ancora di più da quando si è dedicata ad una carriera da single singer. Il fatto è che alla creatività dell’artista, unisce la sensibilità della donna di ogni giorno che sa essere sensibile e non rinuncia a fare qualcosa per gli altri. Te ne accorgi quando la senti parlare. E dice cose come questa: Fai della gentilezza un’abitudine e cambierai il tuo mondo. Frase divenuta famosa, tanto che la si trova nei siti internet di aforismi. Io stesso l’ho voluta riprodotta sulla parete della mia scuola che si trova tra la mia stanza e la segreteria del ricevimento genitori. Su di essa sostano in attesa e ho modo di dire che, nel tempo – unitamente a tante altre cose che abbiamo fatto – ha indotto un’utenza generalmente irriverente, rabbiosa, indisciplinata e arrogante a tenere comportamenti generalmente più “gentili”.
Il fatto è che l’illusione sessantottesca che ci ha fatto abolire ogni forma di buona educazione, si è rivelata per quello che era: una stupidaggine. Aggiungete la TV con la sua avida promozione di ogni forma di volgarità e avrete una prima spiegazione della degradazione dei rapporti sociali che ci ha resi vuoti e cattivi. Palermo, non diversamente da altri luoghi di inebetito inurbamento, sta morendo dello stesso letale veleno: la maleducazione. Non c’è aspetto della vita sociale e individuale che non sia spiegabile in termini di maleducazione, dalla corruzione alla sporcizia delle strade, dalla dispersione scolastica alla ferocia della viabilità urbana. In ognuno di questi casi c’è, a monte, un comportamento maleducato.
E la gentilezza cosa c’entra? Si potrebbe chiedere. La gentilezza è un atteggiamento che non abbisogna di apprendimento, diversamente dalla buona educazione i cui modi sono culturalmente appresi. A chi ancora ritiene, astoricamente, che la buona educazione sia strumento dell’ipocrisia borghese, consiglierei intanto di studiare un po’ e poi di fidarsi almeno della gentilezza. Attraverso essa, infatti, ci poniamo sempre il problema degli altri prima di compiere qualsiasi atto. Basterebbe la gentilezza a rendere tutto più gradevole, vivibile.
Mi piace immaginare una Palermo gentile che sapesse offrire al cittadino come al turista la piacevole sensazione di essere bene accolto, curato, assistito. E per farlo si ha bisogno soltanto della voglia di farlo, aiuterà ad assaporare il piacere che conferisce la gentilezza a chi la esercita anzitutto. La gentilezza, infatti, è dei forti, come la rabbia dei deboli e la violenza dei pervertiti. Non è impossibile immaginare una Palermo che tra le bellezze del patrimonio culturale, l’incanto degli ultimi scorci di paesaggio non abbrutiti dall’avidità e dal cemento dell’abuso edilizio, l’operosità della sua parte migliore purtroppo minoritaria e l’ingegno degli ultimi cervelli non ancora fuggiti, potesse risorgere ad antico splendore donando ai nostri figli un futuro di rinascita e salvezza, di gioia e serenità. Come nel segno della Pasqua si dovrebbe auspicare per i giovani di tutto il mondo.