Autonomia e responsabilità

Dei lavoratori che ci accade intravvedere in giro per Palermo, presso impianti sportivi o presso uffici pubblici, in giro per le strade o imboscati da qualche parte, sempre ricaviamo la sensazione che siano pagati per non fare nulla. Delle due l’una: o è un’ingiusta chiacchiera oppure c’è un problema di organizzazione del lavoro e della forza lavoro. Poiché ho difficoltà a credere che centinaia di miglia di palermitani si siano coalizzati contro poche migliaia di lavoratori pubblici o con contratto pubblico o semi-privato, ne ricavo la sensazione che esiste un difetto di organizzazione. Lo conferma lo sguardo su ogni aspetto della vita sociale della nostra città: ovunque il caos e la prepotenza. La notizia buona, però, è che trattandosi di problema organizzativo può essere risolto.
Qualche giorno fa un amico su un piccolo forum su face book, mi faceva notare che i grandi progetti per i risanamento di situazioni collassate come la nostra deve poggiare su grandi principi. Ha ragione e noi della lista di Massimo Costa lo abbiamo fatto. Leggere (o vedere su Youtube) per credere.
Uno dei principi su cui si baserà la nostra azione di riordino complessivo di questo magma caotico che è Palermo, è quello che riconduce a “autonomia e responsabilità” tanto l’azione di governo quanto quella dei lavoratori. Si tratta, insomma, di individuare le forme con cui uscire dall’assistenzialismo che maschera il signoreggiamento di cultura mafiosa, dall’ipocrisia che nasconde il fine elettoralistico, dal buonismo che tutela i peggiori e umilia i bravi per ovvi interessi sotterranei di controllo. Se le società partecipate hanno costituito per lungo tempo un bacino elettorale di politici di primo e secondo livello, vere macchine di veicolazione del consenso, oggi a queste vengono addebitate le colpe dell’inefficienza comunale che, però, proprio in questa strategia aveva individuato la soluzione efficace e contemporanea. Al danno, in verità, si è aggiunto il solito refrain dell’inamovibilità dei dipendenti fannulloni e prepotenti, contenti di stare seduti a frotte dietro una scrivania per vantare la loro condizione di “assittati”, che nella memoria contadina della nostra gente, non ancora abbastanza lontana, era status symbol di un raggiunto benessere per il quale non ci si doveva sporcare le mani per guadagnarsi da vivere.
La direzione verso cui dobbiamo andare, allora, è quella della responsabilità diretta dei lavoratori o sotto forma di cooperativa (senza direzione del politico furbetto di turno o di suoi scagnozzi) o trasferendo la loro dipendenza dalle partecipate a coloro che hanno interesse diretto nella gestione di spazi pubblici (come le società sportive nel caso degli impianti sportivi). In tal modo si eviterà che il Comune debba per forza essere la mammella a cui tutti devono attingere e si coinvolgeranno i lavoratori finali nella quantificazione del reddito che dipenderà dal lavoro concretamente svolto. In sostanza, tempi duri per fannulloni e prepotenti. Con rigore e senza eccezioni.

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