Sono nato negli anni Sessanta, troppo piccolo per capire il famoso e rimpianto Boom economico. L’unico economico, gli altri boom sono stati sempre di paura e sgomento. Nei Settanta ho vissuto l’austerità della crisi petrolifera.
Negli Ottanta ho faticato a causa della bolla del rampantismo, dello yuppismo che non era più yuppi du yuppi du ma una forma estesa del noto gioco “a fotti compagno”. Nei Novanta ho sofferto per la crisi politica internazionale. Nei Duemila ho stretto la cinghia per la crisi delle banche. Nei Duemiladieci sto ancora stringendo la cinghia per la globalizzazione, l’ira funesta dei mercati, l’ingordigia fanatica della finanza, la vigliaccheria dei politici, l’ignoranza del paese. Se tutto va bene, sopravviverò fino agli anni Trenta o Quaranta, ma così sfinito da questa serie infinita di ristrettezze che me ne andrò maledicendo non il mondo ma i suoi abitanti e chissà se poi il buon Pietro mi accoglierà con comprensione o mi dirà di attendere, stringere la cinghia, sperare nel nuovo corso…