POGROM (mattanza)

In occasione della giornata della memoria delle vittime della mafia, al ritrovato teatro FINOCCHIARO di via Roma 188, va in scena “Pogrom (mattanza)”, un mio spettacolo che tende un filo rosso tra la sterminio degli ebrei ad opera del furore nazista e la strage dei siciliani a causa del delirio mafioso.
19 marzo turno scuole medie
20 marzo turno scuole superiori

inizio spettacoli ore 10.00
costo del biglietto 5 euro

prenotazioni: teatrofinocchiaro@gmail.com

 

Il potere all’italiana

La caratteristica che il Potere mostra con più evidenza nel nostro paese non è certo quella della trasparenza. Prevale il suo essere nascosto, segreto, labirintico. Adotta uno stile riservato ma è una strategia funzionale a tenersi celato, talvolta, anzi spesso, clandestino ed occulto.
Non ci incantano più le recite a soggetto, le dichiarazioni ufficiali. Il tasso di corruzione tanto del settore pubblico quanto di quello privato, ammorbati da un abbraccio colpevole e letale, oltre ad allontanarci dall’Europa per avvicinarci ai regimi crudeli del terzo mondo, ai peggiori esempi di inciviltà assoluta e cieca barbarie individualista, ci dice con chiarezza disarmante che il potere si annida, si muove come un virus, si radica come metastasi, colonizza come cancrena.

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Etica da taschino

Ragioniamo. Si accusa Renzi di volere aprire il terzo forno, alludendo alle tre diverse maggioranze per portare a termine le riforme, l’elezione del Presidente e la legislazione. Lo si accusa, fuori metafora, di incoerenza, di approfittare delle opportunità, di volere troppo. Mantenendoci entro la brutta metafora, mi chiedo e domando: quando il popolo ha fame, si sceglie un forno o si aprono tutti quelli che possono dare del pane?

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L’Artexpo di Palermo, 2015

Che delusione a tutta prima l’allestimento espositivo Palermo Artexpo inserito nella 2ª Biennale Internazionale d’Arte di Palermo. Meno male che sono andato anche all’Albergo delle Povere. Uno dei quattro siti in cui era organizzata l’esposizione. Tra il Loggiato di San Bartolomeo e Palazzo Sant’Elia, si assisteva ad una lunga serie di opere figlie di un “decorativismo” a volte ben organizzato, altre volte proposto con modalità bene oliate, altre volte ancora appesantite da una insulsa ricerca di originalità che ne annientava ogni valore. Avanguardia, zero. Quasi tutte le opere, infatti, erano con evidenza prive di un’idea, di una reale tensione artistica che nascesse da una visione dell’artista. Aspetto fortemente preoccupante perché se l’arte si attesta su una superficialità analoga a quella dilagante in questo brutto mondo che abbiamo tirato su, allora penso siano molto ridotte le possibilità di uscita o di costruzione di un futuro migliore.
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Chi vuole uccidere i nostri ragazzi?

Guardo ed osservo questi nostri giovani. Che meraviglia! Quelli tra i venticinque e i trentacinque, in particolare, che si suppone abbiano già terminato il proprio apprendistato. Vedo il loro entusiasmo, la loro vitalità, l’energia che gli trabocca da ogni poro, quando camminano scattanti come catapulte, quando danzano leggeri come gazzelle, quando discutono accalorati come teste pensanti e come persone dotate di una morale. Li osservo e mi sento contagiato dalla loro forza. Ma il mondo che gli sta intorno, in questo confuso e disordinato paese che è ormai l’Italia, è cattivo con loro. Scientemente. Perché questi ragazzi li pieghiamo con studiata indolenza, con cattiva assenza, con progettata prepotenza.

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Woody e Buzz non erano a Ragusa

Un altro bambino morto. La madre lo ha lasciato a scuola ma a scuola non è mai entrato. Cosa sarà successo? Speriamo lo scoprano gli inquirenti, ma è un fatto che questo cucciolo col suo zainetto di Toy Story se ne è andato incontro ad una triste avventura, purtroppo per lui fatale e senza il lieto fine del noto cartoon di Disney. In questo mondo brutale e vile, dove i mostri hanno il volto della vicina di casa o dello zio di famiglia, non c’è spazio per l’onestà pura di Woody né per l’avventuroso coraggio di Buzz Lightyear che infatti non sono arrivati in tempo ad aiutare quel piccolo fanciullo, chissà come convinto a prendere la strada della sua morte invece che quella della sua classe.
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Nomen omen

Come non ravvisare nella tragedia di ieri la memoria di un’epica imperitura perché legata indissolubilmente alla parte peggiore dell’uomo? Già il calendario pesa come un macigno: 24 novembre, vigilia di quella giornata che l’ipocrisia del mondo dedica per funesta consuetudine alla celebrazione delle spoglie delle donne vittime di femminicidio. Orribile termine che nella sua irritante cacofonia riproduce il ribrezzo che deve provarsi al cospetto di un uomo che approfitti della forza per sopprimere l’alito della vita nel corpo di una donna. Vi è così tanta poesia nella grazia femminile che ogni femminicidio è contro la persona e contro la vita stessa.
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Delle regole e delle palme

Può farsi un discorso serio sulle regole in questo confuso e disordinato paese che è diventato l’Italia? In fondo ci sarebbe poco da dire: le regole esistono per garantire il rispetto del prossimo e del comune ambiente di vita. E andrebbero rispettate senza furberie, privilegi, sotterfugi, ipocrisia. Non c’è italiano che, interpellato sull’argomento, non concordi ufficialmente su queste banali considerazioni. Ma, quasi, non c’è italiano che non manovri per evitare a se stesso, e solo a se stesso, questo fondamentale dovere. Da qui la cultura della doppia morale che delineava Sciascia partendo dall’Isola per poi salire a ricomprendere tutto il Paese in una considerazione amara di “irredimibilità” che seguiva una immaginifica linea della Palma. Abbiamo visto floride palme anche a Bolzano e su tutta la corona alpina. Milano è invasa di palme!
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