Il potere all’italiana

La caratteristica che il Potere mostra con più evidenza nel nostro paese non è certo quella della trasparenza. Prevale il suo essere nascosto, segreto, labirintico. Adotta uno stile riservato ma è una strategia funzionale a tenersi celato, talvolta, anzi spesso, clandestino ed occulto.
Non ci incantano più le recite a soggetto, le dichiarazioni ufficiali. Il tasso di corruzione tanto del settore pubblico quanto di quello privato, ammorbati da un abbraccio colpevole e letale, oltre ad allontanarci dall’Europa per avvicinarci ai regimi crudeli del terzo mondo, ai peggiori esempi di inciviltà assoluta e cieca barbarie individualista, ci dice con chiarezza disarmante che il potere si annida, si muove come un virus, si radica come metastasi, colonizza come cancrena.


Un sintomo evidente, anche per i più ingenui, è nella ostilità con cui il Paese, compatto, boicotta e rifiuta ogni forma di controllo. Non c’è scandalo, della penosa lista che giornalmente sciorinano i quotidiani, che non sia riconducibile alla inadeguatezza dei controlli. La corruzione ha le sue fondamenta nel vuoto delle verifiche. Non è un caso che in Italia ci sia una burocrazia potentissima tutta sbilanciata nell’a priori di ogni iniziativa. Prima di fare qualsiasi cosa trascorrono anni di inutili angherie, mirate a rinsaldare il potere di veto del potere nascosto che chiede foraggi illeciti. Una volta che le iniziative, finalmente partono, il loro effetto positivo per il paese è quasi azzerato e il titolare, assetato di vendetta, procede ad ogni abuso possibile fidando nell’assenza dei controlli a posteriori. Quanto sarebbe più utile, scritte le regole, consentire a tutti di avviare le proprie attività di qualunque genere in pochi giorni ma vigilare poi che siano state fatte e che vengano portate avanti rispettando le regole?
Con la codarda ed avida collaborazione di tutte le parti sociali, si è invece preferito creare il mostro sociale che siamo oggi, frutto di un progetto ingordo e cattivo che ha usato la strategia del non dire no a nessuno. Una rete di complicità, spesso indicibili, imprigiona tutti noi, soprattutto i giovani e dunque ogni possibile nostro futuro. Non fare controlli significa dare a tutti (non importi che si paghi un enorme costo sociale), la possibilità di fare quel che si vuole, in una forma di anarchia di fatto, soltanto in apparenza coperta dalle forme di un regime che per pura ipocrisia definiamo democratico. Quando gli onesti, i meritevoli, gli educati, i rispettosi vivono in ostaggio dei ladri, dei cialtroni, dei cafoni, dei furbetti, con l’aiuto di una legislazione anch’essa furbetta ma anche miope, come si può affermare che siamo e viviamo in una democrazia compiuta? Privilegi, prepotenze, inefficienze, sprechi, questi sono i criteri che concretamente definiscono la qualità della vita dei cittadini. Il resto è ancora chiacchiera. Se non fosse per l’impegno encomiabile di una minoranza, che nei luoghi e settori più disparati testimonia ancora di una voglia di fare e di fare bene, ci sarebbe da fuggire.
Io ancora resisto. Ma fino a quando?


su www.loraquotidiano.it, 12 febbraio 2015

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