Il DDL scuola, Laura Pausini ed Eros Ramazzotti

Il DDL scuola di Renzi a me piace. Lo trovo coraggioso ed è concreto, non recitato come in passato, lo sforzo di dare centralità agli studenti senza i quali nessun lavoratore della scuola avrebbe uno stipendio. L’avversione che ha suscitato non va ricercata nelle imperfezioni che pur contiene ma che sono per se stesse aperte a miglioramento. Va piuttosto spiegata con la perdita di situazioni di rendita, quelle che garantiscono posizioni comode, che non mettono in discussione nulla e dunque nulla mutano di questa cosa vecchia che è la scuola italiana e verso la quale i nostri giovani, che non sono né stupidi né meno bravi di noi anziani né svogliati, mostrano da decenni una forte insofferenza.

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Riforme della scuola? NIET !

Ci risiamo. Sono nella scuola dal 1992, da allora ho visto tanti interventi di rivisitazione di alcuni aspetti del nostro sistema di istruzione e dal 1999 a oggi ho vissuto tutta la stagione dei tentativi di riforma della scuola. La sola costante è l’avversione totale, incondizionata, senza appello a qualsiasi cambiamento. Per partito preso, verrebbe da dire. Perché non si riesce a trovare neanche un orientamento politico chiaro di questo movimento trasversale di opposizione dura e cieca contro ogni mutamento del confuso e rattoppato statu quo della nostra vecchia scuola. 

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50 sfumature di mediocrità

Finalmente ho visto 50 Sfumature di grigio. Ho difficoltà a trovare un film altrettanto stupido e malfatto. Malfatto al punto di mostrare errori grossolani come nella sequenza del primo meeting dei due protagonisti nella stanza rossa dei giochi. Un tentativo non riuscito di climax rovinato dalla inettitudine del montaggio che non si avvede di riproporre Christian vestito dopo che si era spogliato e già inoltrato nell’intimità di Anastasia.
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Migranti: tra accoglienza e colonizzazione

Sugli sbarchi in Italia di clandestini, rifugiati, profughi e altri derelitti di questo mondo violento e iniquo, occorre fare un ulteriore chiarimento alla luce delle sollevazioni popolari che da nord a sud gridano la propria rabbia che è semplicistico definire xenofoba.
 
Sul piano umano non credo vi siano italiani, nemmeno i leghisti, che non siano in grado di comprendere la tragedia che incombe sulla stragrande maggioranza di queste persone che affrontano la traversata del Mediterraneo a rischio della vita propria e dei propri cari. Noi italiani siamo pieni di troppi difetti, ma restiamo gente di cuore.
L’aspetto su cui si dovrebbe compiere uno sforzo più organizzato ed efficiente, è quello dell’organizzazione. Allo stato attuale, si agisce sempre sulla scorta di un’emergenza che paradossalmente non è tale visto che dura ormai da dieci anni. Soprattutto, quel che appare discutibile, è il modo in cui tali soggetti vengono gestiti relativamente alla loro presenza sul nostro territorio. Sorvolo sulla vergogna dei centri di accoglienza tristemente nota, ma sottolineo la durezza miope dei trasferimenti coatti nei centri abitati di varie dimensioni. Astraendo dal contesto di cui parlo, se si guarda alle sole modalità organizzative, si assiste ad una replica di quelle operazioni di colonizzazione coatta dei territori conquistati o di radicazione della conquista che la storia offre generosamente. Ed è proprio questa modalità che suscita istintivamente la reazione delle comunità prescelte per gli insediamenti dei rifugiati. La consapevolezza, inoltre, che poi verranno abbandonati, sfruttati, e tollerati se devianti, induce una rabbia che esplode appunto nelle manifestazioni a cui assistiamo in questi giorni. D’altra parte è noto che est modus in rebus.
Le cose potrebbero essere diverse. Quello che a noi appare un esodo verso l’Italia, intanto, facendo riferimento ai numeri reali, si rivela una migrazione verso i paesi confinanti con le zone di guerra. Questo dovrebbe rilassare gli animi di tutti. Da noi, per quanto appaiono molti, arrivano in pochi, un numero che l’Unione europea sarebbe bene in grado, a mio parere, di assorbire. Occorre però creare una struttura sovranazionale operante sul nostro territorio nazionale che gestisse rapidamente le singole situazioni di ognuno dei migranti giunti fortunosamente in Europa dagli approdi siciliani. Dotarli di documenti, di un primo aiuto economico per affrontare il periodo iniziale, di un supporto linguistico nel luogo in cui scegliessero di andare e di un aiuto per il reperimento di un’occupazione. Il punto debole di questa strategia, sta nel fatto che, evidentemente, tutti questi poveri cristi dovrebbero essere smistati nei paesi dove non è difficile trovare lavoro, anche se mi pare si possa parlare di lavoro non qualificato stando alle informazioni disponibili sulla maggior parte di loro che provengono da aree rurali o da periferie urbane dove solitamente non vengono raggiunti livelli elevati di istruzione. Dovremmo allora equipararli a cittadini che, in quanto rifugiati per ragioni politiche (sono soggetti in fuga da zone di guerra), dovrebbero poter godere almeno di una cittadinanza temporanea e di libertà di circolazione nel nostro continente, assolvendo  noi, preventivamente, le procedure di identificazione certa per evitare rischi di infiltrazioni terroristiche. Aver paura di tutti loro, contrariamente a quanto si dice da parte dei veri xenofobi, non ci salverà dal pericolo del terrorismo, anzi lo alimenterà perché il rifiuto indistinto è irragionevole e disumano. Tutti noi abbiamo attraversato periodi storici in cui prevaleva la migrazione per effetto del bisogno. L’Italia stessa, proprio in questi anni conosce una nuova ondata di migrazione. Non possiamo e non dobbiamo opporci ciecamente a queste dinamiche cicliche della storia, dobbiamo imparare a governarle con la consapevolezza che oggi, a differenza del passato che ha conosciuto vergognose forme di chiusura e ostilità agli stranieri, siamo potenzialmente in grado di farlo. 
Chi avesse ancora dei dubbi, provi a guardare dritto negli occhi un ragazzo impaurito, solo, infreddolito al suo arrivo a Lampedusa. Provi a pensare al carico di sofferenza che si porta addosso, mandato dai familiari allo sbaraglio, con la speranza che se fosse arrivato vivo forse, e sottolineo forse, avrebbe avuto una vita migliore. Provate a guardarlo dritto negli occhi e considerate, mutuando Primo Levi, se, per voi, anche quello è un Uomo.

POGROM (mattanza)

In occasione della giornata della memoria delle vittime della mafia, al ritrovato teatro FINOCCHIARO di via Roma 188, va in scena “Pogrom (mattanza)”, un mio spettacolo che tende un filo rosso tra la sterminio degli ebrei ad opera del furore nazista e la strage dei siciliani a causa del delirio mafioso.
19 marzo turno scuole medie
20 marzo turno scuole superiori

inizio spettacoli ore 10.00
costo del biglietto 5 euro

prenotazioni: teatrofinocchiaro@gmail.com

 

La Patria sotterranea

Il procurato nazionale antimafia, Franco Roberti, denuncia una situazione ricorrente in Italia, lo svuotamento dei suoi poteri di direzione. Il legislatore, infatti, in questo frangente reso rischioso dal pericolo del terrorismo, si è affrettato a togliergli “il potere di disporre dei servizi centrali di polizia giudiziaria in materia di misure di prevenzione antimafia” (Corriere della Sera di oggi). La domanda più ovvia sarebbe: e che c’entra? Infatti non c’entra per niente, ma si è usato un alibi, la contingenza del terrorismo globale, per privare il procuratore antimafia degli strumenti per fare antimafia. A me pare scandaloso, ma non stupisce.

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Ma dove ca… vanno i nostri giovani? (Cu nesci arrinesci)

La domanda è legittima, dove cazzo vanno questi nostri giovani? Un senso di tenerezza e preoccupazione mi avvolge quando penso a loro, cioè ogni giorno. Non solo perché conduco da anni una difficile, disastrata, svantaggiata, emarginata comunità di giovani in una periferia della periferia urbana di Palermo, ma anche come genitore di due ragazzi fra poco in cerca di un lavoro e come cittadino onesto e rispettoso che in questa Italia ha sempre perso il confronto con i raccomandati, i disonesti, i vigliacchi, i truffatori, i ladri, i corrotti, i delinquenti. Non sono solo, dovrei dire grazieadio, ma in realtà mal comune non fa affatto mezzo gaudio, piuttosto somma di mali. E questa somma in Italia ha numeri cinesi. A vantaggio di un manipolo radicato, organizzato, armato di ogni strumento ed arma per fottere tutta la comunità restante, sia quella onesta e coraggiosa, sia quella onesta per forza e pavida, indifferente, inerme, indolente.

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La tentazione perenne dello sfascio

Sembra una prerogativa italiana impossibile da estirpare: la tentazione di sfasciare tutto. Per principio. Per rabbia. Per invidia, Per pochezza. Per vigliaccheria. Per comodità. Per interesse sotterraneo. Per ridicola rivalità. 
I sintomi sono ovunque. L’inconcludente conflittualità della classe politica, l’interessata litigiosità dei sindacati, l’opaca lentezza della burocrazia, l’ostinata astrazione delle istituzioni, l’inconfessabile radicamento della corruzione, la delirante diffusione del vandalismo, la perversa confusione della legislazione, la vile resistenza del Paese al cambiamento. Potrei continuare.

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Il potere all’italiana

La caratteristica che il Potere mostra con più evidenza nel nostro paese non è certo quella della trasparenza. Prevale il suo essere nascosto, segreto, labirintico. Adotta uno stile riservato ma è una strategia funzionale a tenersi celato, talvolta, anzi spesso, clandestino ed occulto.
Non ci incantano più le recite a soggetto, le dichiarazioni ufficiali. Il tasso di corruzione tanto del settore pubblico quanto di quello privato, ammorbati da un abbraccio colpevole e letale, oltre ad allontanarci dall’Europa per avvicinarci ai regimi crudeli del terzo mondo, ai peggiori esempi di inciviltà assoluta e cieca barbarie individualista, ci dice con chiarezza disarmante che il potere si annida, si muove come un virus, si radica come metastasi, colonizza come cancrena.

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