Migranti: tra accoglienza e colonizzazione

Sugli sbarchi in Italia di clandestini, rifugiati, profughi e altri derelitti di questo mondo violento e iniquo, occorre fare un ulteriore chiarimento alla luce delle sollevazioni popolari che da nord a sud gridano la propria rabbia che è semplicistico definire xenofoba.
 
Sul piano umano non credo vi siano italiani, nemmeno i leghisti, che non siano in grado di comprendere la tragedia che incombe sulla stragrande maggioranza di queste persone che affrontano la traversata del Mediterraneo a rischio della vita propria e dei propri cari. Noi italiani siamo pieni di troppi difetti, ma restiamo gente di cuore.
L’aspetto su cui si dovrebbe compiere uno sforzo più organizzato ed efficiente, è quello dell’organizzazione. Allo stato attuale, si agisce sempre sulla scorta di un’emergenza che paradossalmente non è tale visto che dura ormai da dieci anni. Soprattutto, quel che appare discutibile, è il modo in cui tali soggetti vengono gestiti relativamente alla loro presenza sul nostro territorio. Sorvolo sulla vergogna dei centri di accoglienza tristemente nota, ma sottolineo la durezza miope dei trasferimenti coatti nei centri abitati di varie dimensioni. Astraendo dal contesto di cui parlo, se si guarda alle sole modalità organizzative, si assiste ad una replica di quelle operazioni di colonizzazione coatta dei territori conquistati o di radicazione della conquista che la storia offre generosamente. Ed è proprio questa modalità che suscita istintivamente la reazione delle comunità prescelte per gli insediamenti dei rifugiati. La consapevolezza, inoltre, che poi verranno abbandonati, sfruttati, e tollerati se devianti, induce una rabbia che esplode appunto nelle manifestazioni a cui assistiamo in questi giorni. D’altra parte è noto che est modus in rebus.
Le cose potrebbero essere diverse. Quello che a noi appare un esodo verso l’Italia, intanto, facendo riferimento ai numeri reali, si rivela una migrazione verso i paesi confinanti con le zone di guerra. Questo dovrebbe rilassare gli animi di tutti. Da noi, per quanto appaiono molti, arrivano in pochi, un numero che l’Unione europea sarebbe bene in grado, a mio parere, di assorbire. Occorre però creare una struttura sovranazionale operante sul nostro territorio nazionale che gestisse rapidamente le singole situazioni di ognuno dei migranti giunti fortunosamente in Europa dagli approdi siciliani. Dotarli di documenti, di un primo aiuto economico per affrontare il periodo iniziale, di un supporto linguistico nel luogo in cui scegliessero di andare e di un aiuto per il reperimento di un’occupazione. Il punto debole di questa strategia, sta nel fatto che, evidentemente, tutti questi poveri cristi dovrebbero essere smistati nei paesi dove non è difficile trovare lavoro, anche se mi pare si possa parlare di lavoro non qualificato stando alle informazioni disponibili sulla maggior parte di loro che provengono da aree rurali o da periferie urbane dove solitamente non vengono raggiunti livelli elevati di istruzione. Dovremmo allora equipararli a cittadini che, in quanto rifugiati per ragioni politiche (sono soggetti in fuga da zone di guerra), dovrebbero poter godere almeno di una cittadinanza temporanea e di libertà di circolazione nel nostro continente, assolvendo  noi, preventivamente, le procedure di identificazione certa per evitare rischi di infiltrazioni terroristiche. Aver paura di tutti loro, contrariamente a quanto si dice da parte dei veri xenofobi, non ci salverà dal pericolo del terrorismo, anzi lo alimenterà perché il rifiuto indistinto è irragionevole e disumano. Tutti noi abbiamo attraversato periodi storici in cui prevaleva la migrazione per effetto del bisogno. L’Italia stessa, proprio in questi anni conosce una nuova ondata di migrazione. Non possiamo e non dobbiamo opporci ciecamente a queste dinamiche cicliche della storia, dobbiamo imparare a governarle con la consapevolezza che oggi, a differenza del passato che ha conosciuto vergognose forme di chiusura e ostilità agli stranieri, siamo potenzialmente in grado di farlo. 
Chi avesse ancora dei dubbi, provi a guardare dritto negli occhi un ragazzo impaurito, solo, infreddolito al suo arrivo a Lampedusa. Provi a pensare al carico di sofferenza che si porta addosso, mandato dai familiari allo sbaraglio, con la speranza che se fosse arrivato vivo forse, e sottolineo forse, avrebbe avuto una vita migliore. Provate a guardarlo dritto negli occhi e considerate, mutuando Primo Levi, se, per voi, anche quello è un Uomo.

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