Educazione e futuro. Ma quale?

Ci siamo. Ecco la nuova squadra di governo. Venticinque tra uomini e donne, con un rapporto di diciassette a otto che sembra una realistica rappresentazione del diverso grado di interesse alla politica dei due universi, se proprio si deve farne una questione di genere.

Dieci componenti sono in quota “tecnici”, ovvero coloro ai quali è demandato il compito di salvare il Paese che però è dagli anni Settanta del secolo scorso che deve sempre essere salvato (cfr. mio articolo precedente). Quindici sono la garanzia che si tratta di un governo politico nel senso delle chiacchiere con cui in Italia si gioca a far finta di ricercare il bene del paese. Quattro ai cinque stelle perché mantengano il primato conseguito alle elezioni a cui ci stiamo disabituando come alla libertà a causa del Covid; tre a Forza Italia, tre alla Lega, tre al PD perché possa esserci il maggior consenso possibile nell’arena di Montecitorio; uno a LEU perché aveva posto un veto alla Lega ma poi ha detto che no e poi… nessuno sa perché insomma.

La composizione della squadra è da piano di emergenza, almeno così mi spiega mio figlio che mi dà un punto di vista al quale non avrei pensato avendo l’età in cui il disincanto e l’amarezza tendono a prendere il sopravvento sulla fiducia se si parla di politica. Così sembra avere un senso che dei venticinque illuminati scelti da Draghi vi siano otto giuristi, sei economisti e cinque dottori in scienze politiche. Totale diciannove. Se si pensa che il resto del panorama è rappresentato da un medico, un matematico, un fisico, un ingegnere, un giornalista ed un diplomato, ben disarticolati per categoria professionale in un mondo fondato sulla frammentazione disciplinare, ci si rende conto di quale sarà la direzione del paese nel futuro che ci separa dalla prossima crisi e dalla prossima emergenza per salvare l’Italia.

Da educatore trovo particolarmente significativa la nomina di Bianchi all’istruzione. Laureato in scienze politiche ma un nome noto nell’ambito dell’economia. Un “tecnico” che non disdegna incursioni nel mondo della scuola. A modo suo, ovviamente. Con grande entusiasmo la rivista Money ha pubblicato un suo profilo per spiegare “perché è il miglior nome possibile” . Dopo l’elenco di rito dei suoi innumerevoli incarichi di professore e consulente di enti pubblici, viene citato un suo recente libro dal significativo titolo: Nello specchio della scuola . Rifletto sulla frase ritenuta indicativa del suo spirito illuminato e citata da Money.it:

È tempo di investire in educazione, non solo per superare l’emergenza Covid, ma per guardare oltre, per ritrovare quel cammino di sviluppo che sembra essersi perduto nei lunghi anni in cui hanno prevalso individualismo e populismo e che deve fondarsi sui valori definiti nella nostra Costituzione. Il nuovo secolo della connessione continua ha bisogno di cittadini portatori, oltre che di contenuti, di creatività, lavoro di squadra, capacità di astrazione e di sperimentazione, senso di orientamento per poter navigare in mari aperti. La scuola deve rispondere a queste esigenze e muoversi, insieme al Paese, nel senso di marcia di uno sviluppo inclusivo e sostenibile.

Lo specchio a cui si riferisce, a mio giudizio, è quello del narcisismo economicista che ovunque guardi cerca il proprio volto. La frase è rivelativa della necessità di adoperare la scuola per formare cittadini al servizio del sistema. Non vi trapela nessuna consapevolezza della centralità degli alunni come della necessità di “investire” sulla loro personale identità. L’investimento a cui fa riferimento Bianchi è quello nel campo di una educazione intesa come settore economico. Non vi è dubbio che sono le risorse umane quelle da cui attendersi i migliori risultati in termini di crescita e sviluppo ma la prospettiva di cui ha bisogno l’educazione non è certo quella del centralismo economico. Se pensiero e linguaggio coincidono e si rivelano l’un l’altro, la prospettiva di Bianchi che si riferisce ai nostri figli come futuri “cittadini portatori” non mi piace. I miei alunni, di ogni età, sono sempre stati persone e come tali li ho frequentati.

Tutti vogliono un futuro migliore. Questo governo tecnico-politico gestirà il debito che nei primi cinquant’anni del prossimo futuro condizionerà la vita dei nostri figli e nipoti. Sembra non essere ancora chiaro a tutti che il futuro si costruisce se si punta sui giovani dando loro fiducia e mettendo uno stop agli appetiti delle gerontocrazie. Per andare in questa direzione serve una riforma della scuola capace di produrre una riforma del pensiero, come lo suggerisce Morin. Purtroppo la centralità dei partiti ha imposto una serie di ministre dell’istruzione che hanno declinato il proprio contributo tra vergogne inaudite (la bugiarda dei titoli di studio) e interventi inutili (l’affare dei banchi monoposto). Una palese incompetenza ha spesso condizionato la guida del dicastero dell’istruzione che ha persino defenestrato rapidamente illustri presenze come De Mauro che era uno dei pochi italiani conosciuti e apprezzati all’estero. Ma il fatto è che i soldi per una riforma ci sono oggi. Non c’erano mai nel passato e torneranno a non esserci mai nel futuro. Perché l’economia ha sempre i suoi vincoli. Questo immenso debito con i “fratelli” d’Europa, come verrà impegnato da questo governo di impianto giuridico-economico? E Bianchi, che guiderà il ministero cenerentola, sarà capace di farlo diventare finalmente principessa? Comprenderà che la centralità non deve essere della “scuola” ma degli alunni?

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