Boom Italia

Sono nato nel 1962 . Gli anni del Boom economico italiano. Ma questo l’ho appreso dai libri di storia. A quel tempo ero troppo piccolo per avere memoria di questa età felice del nostro Paese. I primi ricordi che ho della situazione sociale e politica italiana risalgono agli anni Settanta, quelli della crisi petrolifera e delle sue ripercussioni per un intero decennio e in tutto il mondo. Il ricordo delle domeniche in bicicletta a causa dell’austerity, non basta a salvare il decennio che precipitò il Paese negli orrori di una contestazione sociale che ha condizionato il nostro futuro politico, sociale e culturale.

Da giovane, ho visto gli anni Ottanta già con sguardo disincantato, avendo partecipato all’ondata del Settantasette con le sue ultime vane speranze di cambiamento. Erano gli anni del gioco delle tre carte, della crisi morale, quando si faceva finta di essere ricchi con le manovre dei governi pluripartito e le idee che avevano guidato il mondo venivano “aggiustate”, da sinistra e da destra, per stare dentro un capitalismo che la scuola di Chicago stava diffondendo nel mondo con l’aiuto dei grandi esempi dei Thatcher e dei Reagan.

Ero un uomo giovane quando ho attraversato gli anni Novanta, quelli della crisi dello Stato e dell’arroganza senza fine dell’Altrostato, quello sotterraneo e mai annientato della mafia e della delinquenza nella sua forma più organizzata e compromessa. In quegli anni sono spariti i nostri uomini migliori, non solo giudici, ma anche le ultime menti capaci di guidare un dibattito politico e culturale che facesse da orientamento ai giovani e agli adulti.

Il nuovo millennio è iniziato con l’immediata certezza che non si andava verso il riscatto dei tempi precedenti, siamo partiti subito in crisi e chi si era convinto che il decennio si chiudesse con nuove prospettive si è visto venire addosso la bolla finanziaria del 2008 che ha sepolto i giusti e arricchito i bravi come li intendeva Manzoni.

Il secondo decennio del XXI secolo ha centellinato anno per anno la consueta crisi economica del mezzo secolo fin qui descritto. Non vi è stato un solo anno senza il protagonismo della crisi economica.

Al principio del terzo decennio del nuovo millennio dunque, la costante crisi di governo che in Italia “è” la più consueta forma di governo (quella che assicura la rotazione di chiunque abbia un appetito da soddisfare), sembra richiamare l’attenzione di tutti. Il Presidente Mattarella, allarmato per la caduta del governo voluta da Renzi, tenta una conciliazione che non va a buon fine e chiama Draghi in aiuto, sottolineando che il momento è grave per il Paese.

Ma io non ricordo un solo giorno di non crisi, un solo lasso di tempo che si annunciasse di prospettive serene per il Bel paese. Da quando ho vita, assisto al susseguirsi di crisi economiche e politiche, di caduta del PIL e dei Governi. Non ricordo una sola dichiarazione di un solo politico o presunto tale che col sorriso davanti ai giornalisti annunciasse con voce soddisfatta: “L’Italia è un grande paese che corre verso una nuova fase di sviluppo. La crescita del PIL è stata intensa e il livello medio delle retribuzioni è costantemente salito negli ultimi anni. Il tenore di vita della popolazione è aumentato e i servizi del welfare sono stati ristrutturati per adempiere al meglio le proprie funzioni: potenziato il sistema sanitario, finanziato la riforma scolastica e quella giudiziaria”. Parole, leggere come i sogni che me le suggeriscono ma anche tristi, pesanti come la realtà a cui non corrispondono.

Oggi il Presidente Mattarella, con il volto grave della recita istituzionale, ha sottolineato la pericolosità del momento. Un altro. Quando un primo ministro si trova vicino alla fine del proprio mandato, acquisito un livello di relazione anche personale con altri rappresentanti di altre nazioni europee soprattutto, di solito inizia un giro di incontri con i quali congedarsi dallo scenario e creare i presupposti di un collegamento con chi lo seguirà. I primi ministri italiani, invece, spariscono dalla scena internazionale sempre all’improvviso. Chiudono un summit magari con un impegno in prima persona per la riunione successiva e non tornano più, privati nel frattempo del loro ruolo da una delle crisi di governo che da noi, come dicevo, sono forma di governo. I nostri primi ministri non riescono mai a salutare nessuno dei colleghi con cui hanno immaginato per esempio una riforma europea, vanno via come quelli che scappano dalle feste senza salutare, sottratti dalla noia e dalla falsa speranza che altrove ci sia la festa più bella.

Il Governo è caduto perché qualcuno ritiene che oltre alla montagna di miliardi che riceveremo in prestito dai “fratelli europei” occorreva indebitarsi anche per il MES in nome del bene degli italiani, compresi quelli che nei secoli futuri dovranno restituire questi soldi. Per rilanciare il Paese, con forza, si è detto. Ma verso dove non è chiaro a nessuno e infatti non sono pronti i progetti di utilizzo del prestito che si è già cominciato a spartire con le solite logiche personalistiche e partitiche, vero etimo del verbo “spartire”.

D’altra parte per essere uno di quelli che prendono “decisioni decisive” per il nostro futuro non occorrono titoli di studio, esperienze pregresse, capacità già messe a frutto. Sufficiente il collegamento personale con le persone “giuste”, che ovviamente lo sono in un senso molto diverso da quello che celebriamo il 27 gennaio con ipocrisia istituzionale.

Usciremo dalla crisi? Certamente sì, come sempre e con altrettanta certezza di tornarci, almeno finché non ci sarà una rivoluzione del pensiero che faccia tabula rasa di chiunque abbia messo piede nei palazzi del potere negli ultimi cinquanta anni. Ma il problema è proprio questo: la rivoluzione del pensiero. E la domanda che resta è: può il pensiero rinascere?

E tu che hai letto sin qui, che ne pensi? Se ti va, invia un commento.

2 risposte a “Boom Italia”

  1. Caro Giampiero , avendo vissuto come te i medesimi decenni, ho acquisito per certo la consapevolezza che le democrazie sono fallite perché si sono sempre trasformate in oligarchie politiche ben diverso certamente dall’accentramento della Monarchia per intero ma pur sempre subdola. Io sono per la costituzione di un nuovo ordine governativo e cioè quello dei formati in politica. Master manageriali per fare politica a cui attingere per eleggere i deputati che guadagneranno uno stipendio manageriale e basta come tutti i dirigenti della pubblica amministrazione viste le responsabilità. Decadenza dopo tre anni e rotazione con altri eletti che non potranno mai essere gli stessi per 5 anni almeno. Non ha importanza se il formato sia ricco o povero o di chissà quale preparazione ma chiedo una formazione profonda di due anni nazionale per imparare a governare. Spero di averti fornito un mio pensiero.

  2. Giampi, articolo molto bello per un resoconto di una vita vissuta sempre in bilico tra crisi grandi e piccole, vere e presunte, volute e subite….. noi siamo assuefatti alle crisi. Siamo italiani, non sappiamo storicamente reagire e ribellarci, piuttosto viviamo con fatalismo gli accadimenti con la certezza radicata di un fato (chiesa docet) benevolo che ci farà ogni volta risorgere….. la nostra generazione non è fatta di rivoluzionari, siamo la generazione del boom economico (sigh!); non lo sono neanche quelli della generazione X e Y, degni ns pari, salvo qualche alzata di testa e presa di coscienza che li ha indotti a lasciare la ns Patria per altri più lungimiranti luoghi, con governi meno rissosi, sentimenti meno classisti e popoli mentalmente aperti (non solo a parole come in Italia) all’integrazione multietnica e multiculturale che il XXI secolo reclama con forza. La speranza porterebbe a guardare alle “nuove” leve della Z; ma le stiamo corrompendo già da adesso con false illusioni di redditi (di cittadinanza) facili, studi (on line) frettolosi, amicizie (virtuali) usa e getta, sentimenti esternati con volgarità (in pieno stile “grande fratello”), senso del bello ridicolizzato e vilipeso perchè tutto deve essere trash … nel vestirsi, nel parlare, nel vivere il quotidiano, Una rivoluzione del pensiero si ottiene solo se si impara a pensare in maniera rivoluzionaria. Fuori dai vecchi schemi, con il coraggio di volere sfidare l’ignoto, cosi come fecero i ns nonni e genitori dopo la seconda guerra mondiale … dove il niente era la normalità e il tutto era lo stimolo costante che li ha resi e ci ha resi quello che siamo diventati noi “baby boomers”. Il pensiero rinasce ad ogni generazione, ma dovrebbe essere allevato, curato e protetto. La corruzione morale e intellettuale delle future generazioni è il vero problema. Noi ripetiamo costantemente che questo mondo lo abbiamo in prestito dai nostri figli, ma loro questo lo sanno? Ne sono veramente consapevoli, tanto da picconare il “muro” di annichilente rassegnazione che abbiamo eretto in questi ultimi decenni e aprire una breccia di concreta e differente “rinascita” che dia vita ad una nuova civiltà? A parte qualche giovane attivista (spesso deriso) e qualche manifestazione sporadica in giro per il mondo, non percepisco un desiderio di “Rinascimento”, dove il vero significato (di per se meravigliosamente rivoluzionario) forse i più lo sconosciamo o lo abbiamo dimenticato….. ovvero lo usiamo a sproposito violentandone il suo intrinseco significato semantico. Ma allora è tutto perduto? Forse! Ma la storia insegna che il pensiero divergente è l’elemento che ha segnato la storia dei sapiens, che li ha fatti ergere e progredire, compiendo azioni temerarie e scoperte meravigliose. Resistere agli imprevisti ed adattarsi ai cambiamenti per evolversi ed affermarsi come specie (fin troppo) dominante. Forse una scintilla di tutto ciò potremmo riuscire a preservarla ancora una volta e quindi condividerla, a condizione però che non ci soffiamo sopra…… spegnendola definitivamente. Ti abbraccio. Buona giornata…..🇮🇹

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