Elezioni: una prima analisi

A scrutinio elettorale appena concluso, mentre ancora mi risuona nella testa il realismo paradossale dell’articolo di Ermanno Cavazzoni (“Lasciatemi fare l’eremita”, Sole 24 Ore, domenica 6 maggio; chi l’ha perso lo recuperi) che spinge ben oltre gli orizzonti usuali la ricerca di un senso alla nostra contemporaneità, voglio fare alcune osservazioni sul voto delle amministrative a Palermo. 1. Tra i candidati a sindaco, Orlando ha stravinto, questo è palese. Ma cerchiamo di capire. A Palermo sono iscritti 563.624 elettori. Di questi ben 298.364 donne e 265.260 uomini. Le prime, dunque, hanno sulla carta un vantaggio di 33.104, ovvero la quantità utile a fare la differenza se solo esistesse una modalità di cooperazione di genere finalizzata a scardinare la prevalenza maschile. In tal senso, la legge sulle quote rosa è chiaramente una sciocchezza o un’umiliazione. Orlando ha conquistato il 47,33 % delle preferenze, tradotto in voti significa che lo hanno votato 104.763 elettori. Un plebiscito. Apparentemente. Va infatti ricordato che Palermo è città su cui gravita ufficialmente una comunità che al 2001 registrava 686.722 cittadini, ma il novero degli abitanti, si dice negli ambienti bene informati, supera gli 800.000. Tirando le somme, quel che appare un plebiscito (e sotto l’aspetto della competizione strettamente elettorale lo resta) è in realtà la vittoria di una squadra che ha totalizzato il maggior punteggio rispetto alle avversarie. Vittoria non assoluta dunque. 2. Nella competizione elettorale vi erano altri aspiranti sindaci. In totale altri dieci. Sommando le preferenze di ciascuno di essi si ottiene un numero di elettori pari a 116.585. È cioè evidente che se l’opinione “Orlando-sì” ha raggiunto una soddisfacente maggioranza relativa, i voti che in diversa maniera esprimevano un deciso “Orlando-no” raggiungono una maggioranza assoluta. Con una differenza di ben 11.822 voti. (Tutti i dati sono tratti dal sito ufficiale del Comune di Palermo, aggiornamento: 591 sezioni su 600). 3. Vale ancora la pena precisare che se Orlando dovesse confermarsi sindaco dopo il ballottaggio, NON SI DOVRÀ DIMENTICARE che tolti i suoi 104.763 elettori – restando ai dati elettorali attuali e attenendosi al dato anagrafico ufficiale del censimento 2001 – ci saranno altri 116.585 elettori che non lo volevano e 465.374 cittadini che non hanno espresso una volontà in merito. In termini concreti, come l’aritmetica consente di fare, Orlando potrebbe essere per l’ennesima volta sindaco di Palermo col 18% dei consensi della popolazione ufficialmente residente a Palermo. Ovvio che una stima delle presenze effettive farebbe ulteriormente scendere questa percentuale, ma non occorre dirne se si preferisce stare ai dati indiscutibili. 4. Passiamo dalla quantità alla qualità. Tra gli undici candidati sindaci ve ne erano dieci che possono essere considerati nuovi seppure sotto aspetti differenti. Chi volesse farne una questione anagrafica – che non mi vede d’accordo – ridurrebbe i “portatori di novità” a otto. Chi ancora volesse far pesare la credibilità politica – anche qui dal mio punto di vista non sarei d’accordo – farebbe ulteriormente scendere a cinque i suddetti “portatori di novità”. In tutti i casi, è evidente che la maggioranza relativa degli elettori ha preferito il solo candidato che sotto ogni profilo può e deve essere considerato vecchio. E ciò sia detto senza entrare nel merito della gestione futura della città perché solo il tempo dirà quale sarà il futuro di Palermo. Chiunque vincerà, non deve essere oggetto di pregiudizi e deve avere la possibilità di fare le cose ed essere giudicato a posteriori per quelle. Ma qui l’analisi è di tipo culturale, sarei tentato di dire di tipo etnologico, avendo cioè riguardo alle dinamiche che regolano la vita sociale e ne determinano l’identità in base al persistere o al mutare delle sue ideologie tradizionali. 5. Il confronto tra i dati relativi alle preferenze per i candidati sindaco e quelli che rilevano i voti assegnati alle liste che concorrevano per la formazione del consiglio comunale, è molto singolare. Il dato più importante, per la forbice che mostra, è quello riconducibile a Orlando. Al 47,33% delle preferenze personali, infatti, corrisponde un voto di lista di appena il 15% (IdV 10.26 + SEL 4.76). Aanalogamente, differenze si riscontrano pure confrontando il dato delle liste e quello dei sindaci di tutte le altre squadre in corsa, seppure con variazioni percentuali molto più contenute della differenza del 32,33% appena rilevata per Orlando. Come si è formato questo surplus? Poiché l’aritmetica non è un’opinione, se si escludono i dati relativi ai candidati Ferrandelli e Nuti che registrano un sostanziale pareggio tra voti di lista e preferenze di sindaco, sommando i minus delle altre liste, si comprende che dai sostenitori ufficiali degli avversari di Orlando è venuto a costui un consenso trasversale e sotterraneo superiore al doppio delle preferenze che il plebiscitario sindaco ha registrato da coloro che solamente può considerare i suoi sostenitori. L’obiezione che il sindaco è una figura più vicina ai cittadini di quanto siano i partiti mi pare demagogica e sostanzialmente non onesta. È di tutta evidenza che laddove i generali delle varie liste hanno fatto le loro dichiarazioni di guerra ed alleanza, i rispettivi colonnelli hanno sul campo combattuto altre guerre o battaglie personali. 6. Tra coloro che hanno combattuto una propria guerra, va riconosciuto un merito tutto agonistico a Marianna Caronia. Anche qui senza entrare nel merito che sarà soggetto alla prova dei fatti, va però sottolineata la brillante campagna da outsider che ha saputo costruire una realtà solida e compatta. Pur accusando anche lei uno scarto tra le preferenze in quanto candidato sindaco e i voti di lista, è la sola ad andare in controtendenza. Al 7,18% come aspirante primo cittadino corrisponde infatti un voto a favore delle sue liste pari al 12,94%. E se si volesse fare riferimento esclusivamente alle due liste immediatamente e concretamente riconducibili a lei, quelle che inoltre hanno superato lo sbarramento del 5%, si otterrebbe comunque una percentuale del 12,41% che rappresenta, in termini agonistici, il risultato più apprezzabile di questa tornata elettorale. Segno evidente che facciamo malissimo a diffidare delle donne, a partire dalle donnestesse così disaffezionate ancora tanto alla politica attiva quanto a quella passiva. Non c’è che dire: chapeau! 7. Un inciso di tutto rispetto va fatto ai team che fanno capo a Ferrandelli e Nuti per la compattezza del loro elettorato e per la condotta onesta e coerente del loro impegno elettorale. In entrambi i casi, come ho già detto, si registrano percentuali quasi identiche tra voti di lista e preferenze per il sindaco, con piccole e fisiologiche oscillazioni intorno a un punto percentuale (0,7 per Nuti e 1,2 per Ferrandelli). 8. Un discorso sulle coalizioni riconducibili a quello che fu il centrodestra palermitano, dice subito una cosa: è stata una disfatta. Senza piagnistei e senza ipocrisie, d’altra parte è evidente che molti interni hanno lavorato per questo concreto risultato. Il primo dato è che in assenza dell’ennesima divisione, laddove si fosse trovato un accordo tra Costa e Aricò, si sarebbe ottenuto un 21,39% di elettorato, utile per andare a un ballottaggio “sano” nel senso di una sfida tra parti politiche comprensibilmente diverse. Ma è davvero difficile dire cosa sia rimasto di sano in questa insana città. Qui, a commentare, ci aiuta la saggezza di ascendenza latina: Faber est suae quisque fortunae o, più comunemente, Quisque faber fortunae suae. 9. Parliamo di Massimo Costa, il giovane che ha tentato coraggiosamente di portare il rinnovamento proprio dentro la casa del vecchio. Ha raccolto un consenso personale pari al 12,63% ma la sua lista non è andata oltre il 3,28% mentre i suoi sostenitori “ufficiali” hanno totalizzato un bel 22,2% che sebbene lontanissimo dalle quote bulgare degli anni passati, consola i tanti big che siedono nelle poltrone della dirigenza di quei partiti. Complessivamente, dunque, si ha uno scarto pari al 12,85% tra le preferenze espresse a Costa come sindaco e i voti portati a casa dalla coalizione. Lo scarto, dunque, è superiore al consenso: 12,85 contro il 12,63. Naturalmente c’è, ci deve essere un perché. Nonostante le belle parole di D’Alia, Micciché e Alfano alla convention del Politeama che chiudeva la campagna elettorale della coalizione, è di tutta evidenza che sul campo i colonnelli di questo strampalato esercito hanno seguito le regole arcinote del “pro domo sua”. In sostanza, mentre Massimo Costa se ne andava in giro per la città a incontrare i cittadini, con tabelle di marcia massacranti, sul medesimo palcoscenico si recitavano le sceneggiate dell’appoggio elettorale, mentre dietro le quinte si faceva il lavoro sporco del tirare a campare e del calcolo delle convenienze. 10. Volutamente mi fermerò a dieci. Generalmente cerco di non rispettare questo numero quando scrivo un elenco, mi pare una coercizione subliminale imposta dallo studio dei dieci Comandamenti. Ma qui mi è invece utile proprio per evocare il contenuto etico di quelli, contenuto che nella sostanza detta regole di chiarezza e rispetto tra persone. La conclusione è che il voto a Orlando è frutto di tutto quello che ho tentato di analizzare in prima battuta. Vi è, a Palermo, un movimento trasversale e volutamente sotterraneo che non gradisce alcuna forma di novità. Regna incontrastata una classe borghese dominante che per dovere di rappresentanza si articola in formazioni politiche e professionali diverse. Ma essa è tutt’ora saldamente unita da identità di vedute, comunanza di propositi, aderenza di interessi, pessimismo ideologico, intolleranza per il merito, necessità del privilegio, vantaggio della mediocrità come della povertà altrui, avidità degli appetiti, vanità dell’autoreferenzialità, pochezza intellettuale, viltà civile e si potrebbe ancora proseguire. Questa formazione “trans” sotto ogni rispetto, sta determinando ancora una volta le sorti di una città che pure nel suo chiassoso disordine aveva mostrato con impeto di voler cambiare le cose. Eppure torneranno le vecchie, fossero anche le buone cose che pure si videro nel primo mandato Orlando della seconda era Orlando, quella da retino piuttosto che da democristiano per intenderci. Un Orlando che allora io stesso votai per ben due volte, aderendo ad un vento di primavera che lui per primo spense nella stagione dei veleni contro quell’esempio di coraggio civile che è stato Falcone. Sinceramente, alla terza stagione o quinto mandato di Orlando avrei preferito il coraggio di provare nuove strade. Come ho sempre ripetuto, un ballottaggio Costa – Ferrandelli (o Aricò – Nuti o Caronia) mi sembrava già un successo per la città. Il risultato che invece si profila non mi piace, come in genere non mi piacciono i sequel seppure di fortunate trasmissioni. L’invito che per concludere devo e voglio fare, per principio di coerenza, è il seguente: chi ha tentato di non avere Orlando, chi ha cercato di fare entrare il nuovo in città, consideri che le regole del gioco hanno fatto tabula rasa di quasi tutte le opzioni presenti al primo turno. Per restare coerenti nel senso della ricerca del nuovo possibile (non il nuovo perfetto che sempre ha bisogno di tempo) c’è solo Ferrandelli, qualunque sia la casa di provenienza. Per non fare tornare il vecchio, per fare entrare il nuovo è rimasto un solo modo, votare al ballottaggio per Fabrizio Ferrandelli.

7 risposte a “Elezioni: una prima analisi”

  1. giampiero, riguardo alla faccenda numerica, chi non va a votare non solo non esercita un diritto-dovere, ma praticamente mette il suo nonvoto a disposizione del più votato…riguardo poi al candidato sindaco per il quale ti eri schierato, io credo che i "porcigrossi" avessero avuto sentore del fatto che dopo la deposizione di re berluschione, e dopo l'arrivo del mariomonti il vento avrebbe girato, penalizzando il partito di quelli "delle audi blu". Quindi hanno preso un pivello (un tronista, come l'ha argutamente definito Alessandra Mussolini) e l'hanno mandato al martirio. Dont'worry, spero solo che tu non abbia speso troppi soldi per questa scommessa.

  2. ehi Medicineman, grazie dell'interessamento, ma tranquillo ho sempre pensato che nessuno ha mai votato perché si è imbattuto nel volto di un conoscente appeso sotto forma di poster ad una parete. Al più, sarà spesso capitato che qualcuno abbia pensato che al muro ce lo avrebbe incollato volentieri di persona… Mi spiace che riporti la frase di una persona senza alcuna coerenza come la Mussolini che ha cercato di fare carriera sfruttando il nome familiare e i glutei allora carnosi e pregevoli ben messi in mostra in un paio di filmetti da sala semi porno di provincia. Del resto il tempo si dice che rende giustizia di tutto proprio per l'invincibilità delle sue dimostrazioni. Non è un caso, infati, che il concetto di Dio si sovrapponga a quello di eternità temporale. Pensiamo al futuro. Ciao

  3. DISAMINA GRANDIOSA! Io adesso faccio il ricercatore a Philadelphia dopo aver lavorato al Gemelli di Roma, al Ceinge di Napoli, al King's College di Cambridgre ed al Marie Curie di Parigi e, soprattutto, GRAZIE AL CIELO, dopo aver perso un concorso al Policlinico quando mi ero deciso a ritornare, essendo prossimo ai 40 anni, nella mia/nostra Palermo per mettere su casa e famiglia… Scusa lo sfogo ma, leggendo le tue righe degne di assoluta lode nonche' riflessione, non sono riuscito ad esimermi dallo scriverti quanto sopra! Ti abbraccio pur non conoscendoti direttamente ma, per proprieta' transitiva ed essendo io un carissimo amico di Domenico, spero gradirai. Pietro

  4. Si è votato Orlando perché Orlando sindaco ha "impostato" tante persone. Si è votato Orlando perché Palermo e i Palermitani non sono ancora pronti alla Politica, ma hanno bisogno di un padrone. Tutto qui.

  5. Molto esaustiva l'analisi dei risultati. Molto reale la tristezza che ne scaturisce.
    Io, innanzitutto, ringrazio che è andato a votare: lo ringrazio proprio in virtù dello sforzo che ha fatto, in una città dove ho sentito dire un po' a tutti "non vado a votare perché esprimo il mio dissenso", mentre avrebbero fatto meglio a dire "non vado a votare perché non me ne frega più nulla". E' il triste discorso sulla rassegnazione, tutta siciliana, che sta allargandosi all'intero Paese. Ed il risultato finale è quello che ha vinto chi già ha ferito, in base all'idea tutta palermitano del "megghiu u tinto accanosciuto…". Sono ritornata a Palermo (dopo 15 anni milanesi) con l'idea di portare un po' di innovazione, con la voglia di lottare contro lo status quo e contro queste frasi fatte ("ma tanto si sa che va così: che vuoi fare tu da sola?"). Per un attimo, stavano riuscendo ad abbattermi, ma sono riuscita a risollevarmi e a crederci ancora. Perché è vero: sono una! ma la somma di tanti "uno" fa i numeri grandi. Ed io sono sempre pronta a spendere il mio cent per questa città.
    Non crucciarti Giampiero per i risultati: il tempo darà ragione o torto a chi ha deciso in un modo o nell'altro. Anche se io spero vivamente che dia ragione a chi ha votato Orlando… per il bene di questa città distrutta e dimenticata, trascurata persino da chi la abita senza rispetto alcuno.
    Un abbraccio.

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