Ai compagni della lista Costa

Le elezioni, se uno vi prende parte, è meglio vincerle. Ma detto questo, è altrettanto vero che ad ogni vittoria corrisponde una sconfitta, o la sconfitta di molti. E se è lecito stare ad osservare cosa farà il vincitore, pure chi ha perso dovrà darsi da fare, sebbene in un’altra direzione che è quella della ripartenza, della ricostruzione, della previsione di un nuovo percorso. È quello che stiamo appunto facendo – e siamo tenuti a fare – noi rappresentanti della lista civica Costa che abbiamo puntato su un progetto che non ha trovato il favore della nostra gente. La domanda che più è circolata in questo immediato day after defeat, è: che cosa faremo adesso? La risposta è più semplice di quel che si possa credere: le stesse cose che facevamo prima. Già, perché il vantaggio di chi la politica non la fa per mestiere, è che un mestiere vero ce l’ha e a quello può serenamente tornare (sebbene tecnicamente, avendo perso, nessuno se ne sia mai allontanato). Ma con una nuova consapevolezza che viene dall’esperienza condotta e che ha insegnato a tutti noi qualcosa. Il progetto in cui abbiamo creduto non ha perso. Non ha trovato adeguato riscontro, ma non ha perso. Lo perderemmo noi se lo lasciassimo andare alla deriva con la speranza nutrita nelle settimane precedenti di governare questa città. In realtà il progetto è dentro di noi, il progetto siamo noi e perciò, per il fatto stesso che tutti noi che proveniamo dalla società civile, siamo ancora in movimento nelle nostre realtà, spesso difficili, significa che il progetto che fa capo alla lista Costa è ancora vivo e vegeto. Dipende da noi. E dipende da noi nella misura in cui ciascuno di noi ha introiettato il metodo che ci distingueva durante la campagna elettorale e ci distingue ancora ora: la forza di saper dare l’esempio. Cosa non facile perché richiede sacrificio, impegno e rinunce, ma proprio per questo strumento di verità e dunque strumento anche per la costruzione di un futuro. Agli amici che hanno condiviso questa idea di impegno civico per un rinnovamento dell’approccio politico al governo di una città cadente come Palermo, vorrei offrire il conforto di queste poche riflessioni. La politica, lo sappiamo tutti, ha bisogno di una riforma. Ma poiché specifico della politica è la sua influenza su ogni aspetto della vita sociale, è necessario accompagnare ogni riforma della politica da un complesso di riforme correlate: riforma educativa anzitutto, riforma economica, riforma culturale. Vincere le elezioni ci avrebbe messo davanti al compito non rinviabile di occuparci delle mille emergenze di una città agonizzante. Lo avremmo fatto con lo spirito sportivo che ci distingue e che si basa proprio sulla capacità di sapere soffrire, di sapere raccogliere tutte le forze per finalizzarle a un obiettivo preciso, di saper stare assieme quando occorre o, viceversa, di sapersi sacrificare individualmente. Ma non avere vinto le elezioni ci offre un’altra opportunità che ha pure essa un suo pregio: quella di pensare a un rinnovamento della politica che passi prima dal rinnovamento del pensiero politico. In questa breve esperienza, abbiamo imparato che proporre una via nuova per un nuovo futuro della politica e del pensiero politico, significa scatenare resistenze esplicite e opposizioni sotterranee. Abbiamo imparato che occorre un lavoro ancora più capillare nello spazio e un tempo più lungo per consentire la condivisione di quel pensiero politico rinnovato da cui soltanto dopo può nascere una politica riformata. Avere perso queste elezioni, vuol dire per noi formalizzare un impegno ad andare avanti per una via, la nostra, che deve diventare modello. Per farlo abbiamo bisogno di tempo, di idee, di impegno, di iniziative, di scambi di opinione. Per andare avanti, abbiamo bisogno di pensare. Meglio farlo insieme.

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