23 ottobre 2022, il Boca vince il campionato nazionale e lo fa in un caos di emozioni che rendono incerta la vittoria fino all’ultimo momento, dovendo sperare che il suo acerrimo nemico, il River Plate, possa a sua volta vincere contro il Racing che si trova a un solo punto dalla squadra più rappresentativa dell’Argentina.
Terminata la partita e il primo effluvio di commenti su televisione e social, l’entusiasmo porta la gente in strada. Mi trovo a Mar del Plata, a 400 kilometri dalla capitale ma sembra di stare alla Boca. Per un apparente paradosso le persone si riuniscono nella piazza al cui centro campeggia la statua del generale San Martin. In un angolo, più discreto e come osservando il Padre della Patria, un mezzo busto di un altro generale, il pluri Presidente Domingo Peron.
Migliaia di ragazzi, uomini, donne, bambini, anziani invadono ogni spazio, brulicano come bolle effervescenti, intonano i cori da stadio, agitano bandiere del club amato, gridano, si sbracciano, si tolgono le magliette nonostante gli 11 gradi di una città che si affaccia sull’oceano sub antartico.
Osservo la scena ipnotizzato, avverto una energia che accomuna tutti, per una volta del tutto indifferenti ad ogni diversità. Credo si tratti di gioia, una gioia autentica e ancestrale, qualcosa che nonostante il progresso e l’evoluzione ci è rimasto dentro e che un autore geniale come Eduardo Galeano (Fútbol a sol y sombra, 1995) definisce archetipico. Sia lui che Edgar Morin usano la metafora dell’orgasmo per descrivere l’esplosione emotiva che accompagna un gol. Il football trascende ciò che siamo diventati e ci riporta a ciò che eravamo.
Questo sport unico nel novero di tutti gli altri, così vilipeso dagli intellettuali (Galeano diceva: cosa hanno in comune il calcio e Dio? La devozione dei molti credenti e la sfiducia degli intellettuali) che ne condannano gli aspetti indecorosi, visto con lo sguardo della complessità rivela la sua natura di “arte, gioco, poesia e amore” (Morin, El éxtasis histórico de Francia in Le Monde, 22 luglio 1998). La vittoria del proprio club o della propria nazionale, spiega sempre Morin, viene dopo un tempo di angoscia, speranza, incertezza che alla fine produce un “torrente di amore” che nell’immediato idolatra il giocatore ma che poi circola a tutto tondo e avvolge di sé prima lo stadio, poi tutto lo spazio esterno che inizia a risuonare del clamore della vittoria. Conseguita la vittoria, continua Morin, sorge un sentimento di bellezza, una sensazione di poesia viva che genera l’entusiasmo.
La domanda che mi faccio è come mai questa onda di felicità oggi possiamo osservarla soltanto in occasione di grandi vittorie del football. Per immaginare scene come quelle che seguono alla vittoria di un mondiale, dobbiamo andare indietro nella storia e cercare i momenti di conquista della libertà, dobbiamo pensare alle grandi rivoluzioni e ai momenti che hanno segnato la storia umana. Questo orgasmo della vittoria oggi è il solo esempio di amore comunitario che sorge spontaneo, intenso, esuberante quando nella quotidianità prevalgono l’individualismo, la rabbia, la frustrazione, l’odio e la paura.
Non mi stupisce che queste folle mosse da gioia collettiva si insedino nelle piazze destinate alla memoria storica. Come osserva acutamente Morin, la gioia della vittoria calcistica muove un sentimento patriottico che non genera beceri nazionalismi. Spinge a rievocare l’identità umana comune piuttosto che esasperare il senso della differenza dall’altro.
Resta un solo dubbio: in tutto il resto del tempo, dove si nasconde la gioia?
Maravillosa comprensión sobre el fútbol. Son muy pocos los que lo pueden explicar de esta manera. La alegría es lo esencial en esta dimensión, la política y convertir el fútbol en un negocio es lo que tergiversa esta esencia. Felicitaciones por este artículo! Y Boca es un sentimiento… no puedo parar!!!