La scuola: tornare al rischio

Mi volto e guardo gli anni passati. Quando ero bambino.

  • Mamma scendo.
  • Dove vai?
  • Giù, in piazzetta, a giocare.
  • Stai attento. E non fare tardi.

E finiva qui. Era il tempo della fiducia. Che si basava sull’accettazione culturale della dimensione del rischio come prova da superare e imparare a superare. Per diventare adulti.

Provo a pensare agli anni di oggi. Quando ero genitore.

  • Mamma esco.
  • Dove vai?
  • Non lo so.
  • Aspetta che ti accompagno, prendi il cellulare e ogni tanto dammi notizie, lasciami il numero dei tuoi amici, con chi vai?
  • Poi ti giro il contatto.

E finisce qui. È il tempo della diffidenza. Che si basa sull’accettazione culturale della dimensione del calcolo come illusione di controllo su tutto. Per restare adolescenti, facili da condizionare in ragione delle esigenze del mercato.

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Per una scuola poliglotta

Ogni insegnamento linguistico, entro un percorso d’istruzione, è fondamentale perché si tratta, al contempo, di apprendere non solo contenuti ma anche un sistema di comunicazione. A scuola, dunque, la lingua, le lingue, hanno una priorità formativa rispetto agli altri insegnamenti.
Di tale priorità non vedo traccia nelle preoccupazioni di una classe dirigente che ha sfornato tante riforme sulla base di altre esigenze, che con la centralità degli alunni non hanno a che vedere. 

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Distribuire le conseguenze di un crimine, per un equo processo penale

La lettura del verbale che convalida gli arresti dei tre minorenni e un maggiorenne di appena 20 anni che hanno aggredito una giovane coppia di turisti polacchi, lascia senza fiato. Un congolese (il solo appena maggiorenne), un nigeriano e due fratelli marocchini fra i 15 e i 17 anni. Un branco di coetanei senza freni inibitori. Cosa succederà adesso? Proviamo a capirlo insieme.

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Proviamo a dirci qualche verità sulla scuola…

Immaginate di essere titolari di uno studio legale. Siete in procinto di seguire una causa importante. Prendete uno studente laureato in legge e lo mandate in tribunale a nome dello studio.

Oppure: il vostro studio ingegneristico riceve un appalto per la progettazione e costruzione di un ospedale. Prendete un laureato in ingegneria, seppure con 110 e lode, gli affidate progettazione e costruzione dell’ospedale.

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MICROSTORIE 3: opacità

  • Rosanna, ma che avete fatto?
  • Ciao Giuseppe, come stai caro? Non capisco a cosa ti riferisci.
  • Come? alla sentenza.
  • Sì, caro mio, siamo orgogliosi, lo Stato ha vinto.
  • Ma la mafia? Roma, la capitale…
  • La mafia a Roma capitale? Ma mio caro, la mafia qui non esiste.
  • Rosanna! non esiste?
  • No Giuseppe, è un’invenzione dei media e dei sovversivi.

 

MICROSTORIE 2: creatività

L’esaminatore lo guardò dritto negli occhi.

  • Visto che ha risposto così bene, che è così preparato…
  • Pensavo avessimo finito…
  • Un’ultima domanda: come definirebbe un oggetto comune come… l’ombrello?
  • uhm… Una prima ipotesi di volo?

Il morbido e il duro. Viva Palermo e Santa Rosalia

Bella Palermo, che ha saputo regalare un’emozione così intensa a tutti, cittadini, turisti e ospiti d’onore in occasione della sfilata di D&G. Mi aveva piacevolmente sorpreso vedere piazza Pretoria addobbata per l’evento ma soprattutto mi ha stupito osservare come questa piazza sembri essere nata per le sfilate di moda con le sue belle statue nude, seppure portino addosso i segni dell’inciviltà e della barbarie di cui sono capaci i popoli ignoranti (teste e arti mozzati, pezzi perduti per sempre).

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