Perché sono giovani, bravi non importa…

Oggi incontro Silvia, una ragazza brava e intelligente, preparata e scrupolosa, una di quelle che è un piacere sapere che esistono. Ingegnere. Poco tempo fa ha lasciato un bel lavoro presso una ditta vinicola siciliana, una famosa. Faceva un lavoro molto specializzato, ma la pagavano poco perché è giovane (che pesa di più dell’essere bravi), la trattenevano sempre per un tempo maggiore del dovuto perché è giovane (che pesa di più dell’essere bravi).

Si è licenziata perché siccome è brava le hanno offerto un lavoro pagato meglio e con orari più definiti in una regione del nord. La casa vinicola, sapendo che difficilmente avrebbe trovato presto una persona con la sua specializzazione, l’ha richiamata, le ha chiesto di restare, ma non ha offerto un euro in più del poco che le davano prima perché è giovane (che pesa di più dell’essere bravi). Intanto il lavoro al nord ha rivelato, pur nelle migliori condizioni, le tare tipicamente italiane. L’ambiente di lavoro era palesemente gravato da meccanismi opachi che l’hanno messa in allarme perché è giovane e crede ancora nella trasparenza vera. Non le è andato a genio. Così oggi mi ha raccontato che si è licenziata anche dal nuovo lavoro. Andrà in Spagna all’avventura perché è giovane e brava. Coi suoi begli occhi chiari mi ha detto: “Voglio proprio andare via dall’Italia”. E io le ho chiesto cosa sapesse della nuova città in cui si sta trasferendo. “La mia amica che ci vive da un po’ mi ha detto che è bellissimo vivere lì”. Mi è venuto naturale dirle che la cosa che più mi ha colpito dell’esperienza Erasmus che stanno facendo i miei figli è stata proprio l’entusiasmo di entrambi, uno a Colonia e l’altra a Siviglia, nel vivere in quelle città. Così la ragazza, giovane e brava, mi ha chiesto a sua volta: “Certo, senti mai qualcuno dire che è felice di vivere a Palermo o in Italia? Tutti non fanno altro che lamentarsene”.
Così dal Paese più bello del mondo, come ripete il “vanverismo” nazionale, scivola via un’altra risorsa. Un’altra mente preparata e colta, un altro animo gentile e sensibile, un altro cuore speranzoso. Sospinto dalla marea nera dell’incuria per i giovani che questo paese di vecchi, vecchio dentro, vecchio nell’anima, vecchio nella storia, esprime con costanza ferale. Mi ricorda certe immagini di quella bella storia che sugli schermi abbiamo visto sotto il titolo di Never ending story (La storia infinita), quando il mondo della fantasia viene via via spogliato delle sue parti brillanti e cariche di luce per coprirsi di pari passo di una fuliggine mortifera. Mi guardo intorno e vedo che i figli miei come di tutti i miei amici e i giovani che vedo intorno al mondo di giovani che per lavoro frequento, e vedo una diaspora che mi sarei augurato se, per progetto, si fosse trattato di andare via qualche anno per capire che ciò che da noi è normale nel resto del mondo è follia caos o crimine. Si sarebbe potuto sperare, allora, che questi giovani tornassero portando a casa un livello di civiltà da reinnestare in un paese tornato selvaggio per l’abisso di strafottenza ed ignoranza che, appunto, selvaggiamente, lo prostra.
Così, a Silvia e a tutti i giovani che abbiamo espulso con la nostra corrotta inefficienza, auguro il futuro che si meritano e a loro dedico alcuni versi di quella storia infinita che, per dirla con Popper, spetta ad ogni essere vivente e che consiste nella ricerca di un mondo migliore.
Turn around
Look at what you see
In her face
The mirror of your dreams
Reach the stars
Fly a fantasy
Dream a dream
And what you see will be

(Limahl, 1984)

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