Per un Requiem in parola dei caduti del terrorismo

Dal Genesi 1, 26: “E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza».
Che ce ne può venire in questi amari tempi di dolore? Molto si è discusso circa l’uso del plurale in questa frase. A mio parere, il Signore volle semplicemente tenere insieme, nel medesimo soggetto, Sè e l’Uomo futuro, che di generazione in generazione si sarebbe passato il compito, primariamente Suo, di dare vita all’uomo. L’Uomo, dunque, continuatore dell’opera divina. La medesima “immagine e somiglianza” riguarda cioè Dio e l’Uomo, non ogni uomo.
Infatti al genere umano appartengono anche coloro che tra delirio, viltà e miseria seminano dolore. Allucinante cronaca di questi tristi giorni. Stiano però certi, tutti costoro, che qualunque sia il nome che danno al loro Dio, Questi tornerà per condannarli e inchiodarli alla giusta punizione.


Nel progetto divino, qualunque sia il nome che gli umani affidano all’immagine che si fanno di Dio, c’era il compito, anche questo divino, di perseguire e continuare la Sua opera, di creazione, non di distruzione, di amore, non di odio, di rispetto, non di paura. E nello specifico, ritenendo che la “immagine” dovesse coincidere con la forma originaria in quanto contenitore d’anima, la “somiglianza” non poteva che riferirsi alle opere che ogni uomo, per assolvere il compito dell’Uomo, avrebbe dovuto e potuto realizzare. Per proprio conto e su sua responsabilità, ma su mandato divino. Forma e sostanza, cioè, nell’unione di opposti che genera l’Uno.
E tale compito dell’Uomo, e di ogni uomo, non vedo come potesse essere altro rispetto a quello di distinguere tra il Bene e il Male, ché è sostanza di ogni idea e di ogni progetto, di ogni azione e di ogni conseguenza. Non il delirio dell’onnipotenza e del dominio. Poiché è certo, che di questa, dell’onnipotenza, Dio fosse consapevole della Sua esclusiva competenza.
Così, si può star certi che Dio, qualunque sia il nome che gli diamo, tornerà per giudicare tutti e conferire la giusta punizione, anche ai senz’anima che nel loro folle delirio credono di trovare decine di vergini sottomesse ai loro voleri, come se nel Regno di Dio potesse perpetuarsi la vergognosa violenza del dominio sui deboli che, appunto, è testimonianza del fallimento di alcuni uomini rispetto al compito dell’Uomo.
Il Futuro, grazie a Dio, è più lungo del passo velleitario di ogni prepotente. Nella sua infinita distesa corre la Giustizia, ché, non è cosa da uomini, ma, anche questa, di Sua esclusiva competenza.

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