L’ortica e le mafie

Quale probabilità di soluzione può avere la lotta alle ortiche in un terreno infestato dai rovi? Parimenti, quale probabilità di soluzione può avere la lotta alla mafia in una società infestata da corruzione, incuria, abbandono, individualismo? 

 

Mi pare che questa semplice considerazione delinei già un programma delle urgenze per il Governo (qualunque Governo!) dell’Italia, una volta nota come BelPaese.
Già da un paio di decenni, di fronte al dilagare del debito pubblico prima e della crisi dopo, si seguono strade economiche e si susseguono strategie finanziarie la cui efficacia, affidabilità e credibilità sta nei risultati disastrosi messi a punto. Abbiamo avuto la Finanza centralista, quella decentrata, quella creativa, quella federalista, quella speculativa, quella onirica. Non si vuole ancora tentare la Finanza sociale, quella, per intenderci, che vede il denaro non come obiettivo (lo sviluppo inteso come benessere derivante dalla quantità di denaro) ma come strumento per valorizzare il capitale umano e promuovere welfare relazionale, spirito di comunità, senso dello Stato, solidarietà umana, crescita comune. Basterà considerare le reazioni generalmente registrate alla sola idea della Tobin tax.
A mio modo di vedere, c’è una sola ricetta praticabile e passa per la strada del recupero del concetto di cura. Attraverso la cura degli altri e degli spazi comuni, quelli degradati e violenti in cui abbiamo concentrato la vita urbanizzata, può rinascere il senso di comunità dal quale soltanto può venire un nuovo e possibile sviluppo. Ecco che allora l’agenzia governativa è presto fatta. Investimento in una coraggiosa riforma dell’istruzione, dall’asilo all’università; controllo centralizzato e rigorosissimo della formazione professionale; diffusa ridefinizione degli spazi cittadini con il recupero e la condivisione degli sforzi per dare vita ad ambienti a misura d’uomo e non di auto o di negozio.
Credo, in questo senso, al monito di Dostojevskji che confidava nella Bellezza per il salvataggio di un mondo che a suoi tempi e alle sue latitudini aveva meno confort di oggi, ma certamente godeva di ambienti più sani e vivibili. Nella piccola comunità che da sei anni dirigo con un progetto basato sul Senso del Bello, ho avuto modo di verificare che Il grande scrittore russo aveva ragione. Con Mel Brooks possiamo gridare: Si può fare!