Su De Benedetti si dicono molte cose, altre non le sapremo mai. Per vent’anni ci siamo abituati a crederlo vittima di un Berlusconi imprenditore troppo disinvolto e recentemente si è vociferato di una sua sotterranea regia delle crisi di governo italiane, compresa la defenestrazione di Letta e la sua sostituzione d’imperio con Renzi. Ma queste sono chiacchiere. Forse…
Come imprenditore si sa che è vicino alla “cosa” che in Italia per inerzia ancora chiamiamo “sinistra” ma la crisi morale della nostra cultura, dagli anni Ottanta a venire, ci impone cautela e scetticismo. Più che comprensibili. Nel regime di confusione che si è dunque instaurato nel Paese, accade così che gli imprenditori importanti non si limitino a influenzare la politica, come nel resto del mondo, ma si muovano in prima persona per orientare le scelte. In questa prospettiva non esistono i buoni imprenditori, qualunque sia la parte per cui propendano o mostrino simpatia, questo inquinamento non ci piace, rende tutto più opaco di quanto non sia già.
Quello che però è soprattutto inaccettabile, è che gli interventi espliciti, aperti e dichiarati nella vita politica italiana siano quasi sempre frutto di mal celati interessi di bottega o siano riflessioni di imbarazzante pochezza. Ultima in ordine di tempo la dichiarazione di Carlo De Benedetti che nel prefigurare gli scenari politici del nostro paese, da qui alla fine dell’anno, si mostra sicuro dell’insuccesso della riforma del Senato, certo che si andrà ad elezioni anticipate e fiducioso che il presidente Napolitano si dimetterà. Apice di questa lettura dell’attualità politica, stando alle dichiarazioni riportate dal suo giornale, La Repubblica del 3 maggio, il suo auspicio per il prossimo presidente della Repubblica. Riportiamo la frase per esteso e come virgolettata da Paolo Griseri autore del pezzo: “Siamo in Piemonte e non vedrei male al posto di Napolitano un signore alto, con il fisico da corazziere: Piero Fassino”. Si tratta di una dichiarazione inaccettabile per molti aspetti. Quella che con fatica si può definire la sua “idea” prenderebbe spunto da una priorità regionalistica che già di per sé è sintomo di un provincialismo subdolo su cui è inutile insistere, si condanna da sé. Inaccettabile il razzismo fisiognomico che lo induce poi a privilegiare un signore alto, specie considerando che il popolo italiano è connotato da statura ridotta, sarebbe come chiedere al presidente di fingere ciò che non siamo. E poi, soprattutto: che razza di requisito è l’altezza fisica? Proprio nessuno si ricorda più che l’altezza morale è la prima dote di un rappresentante politico e soprattutto di un rappresentante dell’Unità del Paese? Andiamo avanti. Che quello di Fassino sembri a De Benedetti un fisico da corazziere dimostra che probabilmente De Benedetti non ha fatto il servizio di leva, obbligatorio ai suoi tempi o, se lo ha fatto, non è entrato in contatto con i corazzieri che oltre ad essere alti sono veri marcantonio. Fassino, per restare nell’ambito delle semplici valutazioni per impressione, probabilmente non avrebbe superato la fatidica visita dei tre giorni per insufficienza toracica. La domanda a questo punto è: per quale motivo un imprenditore del calibro di De Benedetti si lancia in un agone nel quale appare goffo ed improprio? Con quale scopo si avventura in giudizi di personale e discutibile estetica su autorevoli pulpiti come il quotidiano La Repubblica quando per la densità e la natura sarebbero più adatti per le riviste notoriamente presenti nelle sale d’attesa? Se in questo paese tornassimo tutti a fare ciò che ci appartiene e la smettessimo di sconfinare nei campi altrui, forti di quella fastidiosa arroganza che conferisce il potere del denaro, forse avremmo iniziato a rimettere un po’ d’ordine in questo clima di disordine e confusione che è diventato il nostro quotidiano e sotterraneo regime che uccide ogni forma di rinascita e impedisce alle giovani generazioni di dare un corso concreto al futuro.