Il generale malcontento

C’è un filo rosso preoccupante che lega fenomeni sociali le cui coordinate storico-politiche potrebbero indurre a vedere solo differenze. Mi riferisco alle sommosse che di recente agitano il Maghreb (che insidia in questo termine che allude al tramonto…) e che però con forme diverse si sono registrate anche nel consesso occidentale europeo.

In entrambi i casi, anzitutto, ci troviamo in un’area mediterranea comune, aspetto che dovrebbe sollecitare urgentemente forme di dialogo e cooperazione ancora oggi insufficienti. Per tutti, inoltre, è motivo scatenante l’insofferenza verso forme di governo e conduzione della vita politica pubblica connotate da incapacità di dare risposte concrete alla gente vera che vive nella realtà quotidiana. Sembra riproporsi sotto nuove modalità l’atavico conflitto tra classe egemone e classi subalterne, lo stesso da cui si è generato, due secoli orsono, il mondo occidentale nella sua attuale versione. Al di là di ogni considerazione corporativa, resta l’urgenza di comprendere che il tempo è trascorso senza che, come al solito, la classe dirigente si sia resa conto che il privilegio fin qui goduto non può durare oltre. Non deve. E poiché la violenza talvolta è figlia della disperazione, occorre fare in fretta perché Italia e Francia o Tunisia ed Egitto abbiano il loro giro di boa, aprendo le valvole che finora hanno impedito un reale ricambio della classe dirigente che ha piuttosto camuffato le proprie regole di cooptazione controllata. E’ tempo di svecchiare con coraggio presente e fiducia nel futuro.

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