Dovunque si ripete che c’è crisi. Io personalmente lo sento dire dagli anni Settanta, a parte la bolla cialtrona degli Ottanta e della sua ridicola pretesa “rampante”. Ogni tanto arriva qualche segnale confortante di ripresa ma troppo distante dalla vita reale per diventare significativo e diffuso.
Ecco come la vedo io:da alcuni decenni le risorse pubbliche, pure ingenti, sono state impiegate con scopi di mero assistenzialismo. Glisso qui sugli intenti di bieco elettoralismo, considero addirittura che l’assistenzialismo abbia talvolta obbedito a finalità dettate da buona fede. Posso persino ipotizzare una episodica e sincera carità cristiana. Il fatto è che questa azione ha prodotto risultati disastrosi. Sono sotto gli occhi di tutti. Abbiamo cioè dilapidato le risorse senza comprendere che si trattava di tamponamenti destinati a creare un disagio maggiore nel futuro e sempre in costante crescita. Ancora oggi non si vede l’uscita del tunnel.
Altro sarebbe stato l’effetto – credo fermamente – se quelle risorse avessimo saputo investire. Per creare reddito cioè o, in termini sociologici, per creare le condizioni di un sano sviluppo futuro. Fenomeni tristemente diffusi e caratterizzanti la nostra realtà come la fuga di cervelli, lo scarso sostegno alla ricerca, l’inesistente cultura del merito, l’umiliante baronaggio universitario, sono sintomi evidenti di una incapacità strutturale (o di una inanità furfante) a progettare e creare sviluppo. Avere speso oceani di denaro pubblico per sostenere e assistere la parte meno preparata e motivata della nostra popolazione, ha creato un abisso di debiti, profondo quanto l’eternità. Se avessimo sostenuto invece una intera generazione di giovani né disperati né abbienti, se li avessimo concretamente messi in condizione di cambiare il loro futuro garantendogli l’autodeterminazione puntando sul loro oggettivo merito individuale, oggi avremmo una compagine sociale non così derelitta, scoraggiata e incompetente quale quella che ci circonda, che si nutre di grande fratello, vende il voto, scambia il lavoro col “posto di lavoro”, equivoca il concetto di rispetto con quello di timore, non ha più il senso del ridicolo, non possiede un’etica, non si accorge più della differenza tra realtà ed apparenza, si fa sfuggire il peso dell’ipocrisia. Dovremmo cioè investire su quella anonima classe di mezzo che ha i requisiti per produrre un reale avanzamento. Grazie a loro, anche la restante parte sarà spinta in avanti. Supportare un giovane volenteroso e garantirgli un percorso scolastico efficace e costante fino alla ricerca di un lavoro adeguato, è un contributo più concreto di quello oggi rappresentato dall’inserimento indistinto di tanti adulti non volenterosi in un programma per LSU il cui costo civile e finanziario è enormemente superiore al suo valore di ammortizzatore sociale.
Per fare grandi cambiamenti ci vogliono coraggio, determinazione e progettualità. Ciascuno di noi dovrebbe salire sopra i muri che di continuo alziamo, guardare oltre e così individuare chi ha queste doti e accertarsi che per sostenerle sia capace di impegno, rinunce e sacrificio personali. Puntando su costoro, senza distrazioni e senza cedere al canto di alcuna sirena, e sostenendoli, prepareremo un cambiamento più concreto del solito anelito che crolla alla vigilia di ogni elezione.
(articolo apparso nell’apr 2011 su: www.ilvespro.it)