Amanda e Raffaele, una vita da cani

Chissà che le preghiere di ieri non abbiano sortito qualche effetto così che l’anima della povera Meredith abbia trovato un po’ di pace nell’apprendere che un nuovo processo cercherà di valutare con più attenzione le colpe e i sospettati a cui la sentenza di Appello, con fretta opaca, aveva messo la parola fine. Vedremo cosa sarà, ma è forte il dubbio che giustizia possa essere fatta.

Qualcuno esulta perché la legge italiana ha dimostrato di saper garantire i diritti umani, intendendo che in mancanza di un quadro accusatorio perfettamente conducente si deve fare un passo indietro e rinunciare a dare colpe e punizioni che potrebbero colpire innocenti. Altri si dicono disperati per una legge labirintica che non dà certezze né di diritto né di pena. Un dialogo tra sordi, tra chi ritiene che la legge assorba in sé come uno sfondo ogni istanza di giustizia e chi è convinto che la giustizia sia un bisogno primario a cui la legge deve dare soddisfazione.
Al momento della decisione di rinviare tutto alla Cassazione, Amanda Knox e Raffaele Sollecito hanno lamentato che questa nuova fase del processo che li vede imputati di omicidio rende ancor più gravosa la loro vita, difficile e precaria. A sentir loro, in sostanza, una vita da cani, quasi che Meredith se la passasse meglio. Certo, fossero innocenti, viene il terrore a pensare ciò che stanno passando, ma è un fatto che le garanzie a tutela dei loro diritti umani li hanno comunque preservati da conseguenze che in altri paesi intuiamo sarebbero state subito molto più pesanti e inclini a supportare un senso di giustizia collettivo. A me, per il momento, in attesa di vedere cosa sapranno fare i giudici del nuovo processo dopo il via libera della Cassazione, viene in mente un uomo che della satira fece un punto di vista audace e acuto: Confessiamo una buona volta a noi stessi che da quando l’umanità ha introdotto i diritti dell’uomo, si fa una vita da cani (Karl Kraus).

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