8 settembre. Come ogni anno, probabilmente anche oggi l’ipocrisia nazionale canterà gli inni della rinascita italiana dalle ceneri della seconda guerra mondiale. È invece giorno di vergogna nazionale (condivido l’idea di Galli della Loggia).
E sarebbe utile che come tale lo vivessimo. Forse dalle ceneri della storiografia degli ultimi cinquant’anni, troppo compromessa con l’enfasi partigiana e dunque, sotterraneamente, con un lavoro ideologico sotterraneo, rinascerebbe questa volta per davvero una nazione italiana. Questo Paese, privo di sentimento nazionale, che ha smarrito il senso del bene comune, che non ha saputo costruire una comunità sodale, è figlio di quell’imbarazzante incapacità dei vertici politici e militari dello Stato italiano che ci guidò durante la seco da guerra mondiale. L’arma stizzito firmato il 3 settembre a Cassibile ma reso noto so,tanto, appunto, l’8 settembre, fu il segno della ridicola attrezzatura intellettuale, morale, strategica, militare e politica con cui l’Italia aveva illuso se stessa di essere ciò che non era: un grande paese.
La ricorrenza di oggi, dunque, celebra la viltà con cui l’Italia abbandonò l’Italia al suo destino; celebra la vigliaccheria di chi mise gli italiani contro gli italiani e tutti all’insaputa degli altri, ignorando la certa reazione dei tedeschi. Il Paese divenne un individuo bipolare, schizoide, con due identità in conflitto (armato) a contenderei nord e sud del paese. Quello iato persiste nel nostro DNA di cittadini vili, avidi, immemori. Come se si potesse separare il valore di uomini da quello di cittadini, procediamo come fossimo senza colpe e senza vergogne.
Oggi, per quel che mi riguarda, andrò al mare, a guardare l’orizzonte libero e netto, come deve essere la speranza di chi davvero vuole rinascere e rifondare il Paese.