Quando Maria Elena, bella e giovane donna, è entrata nel panorama politico nazionale ho avuto l’impressione si trattasse anche di una signora in gamba. Non ho cambiato idea e la sua giovane età mi ha anche fornito un motivo in più per essere contento del cambio di governo. E piacere mi ha fatto vedere un rinnovamento così ampio da regalarci la più giovane squadra di governo che la memoria di noi nati negli anni Sessanta potessimo ricordare (un po’ meno la quasi totale provenienza fiorentino-toscana, come se fuori da quella regione non fosse possibile reperire competenze e abilità).
Questo non significa che, ancora una volta, ci debba essere un governo che violi le regole che valgono per tutto il resto del Paese. Il chiarimento chiesto da Saviano, quello che ha scatenato l’ennesima alzata di scudi corporativa e irriflessiva, è del tutto legittimo non proprio a causa del ruolo che la ministro Boschi ricopre, ma più semplicemente in forza del suo incarico di funzionario, seppure di altissimo rango, del sistema amministrativo dello Stato. In questo sistema, infatti, vigono delle regole di incompatibilità che per i normali cittadini, ovvero per tutti funzionari di rango inferiore, valgono in modo rigoroso ma che verrebbe di definire esiziale, se questo è l’esempio che devono ricevere.
Un funzionario della Agenzia delle Entrate è obbligato a dichiarare se il coniuge o un parente prossimo svolge attività di commercialista o simili. Per impedire alla radice ogni potenziale conflitto di interessi, il funzionario che dichiara di avere un coniuge commercialista viene esonerato da ogni servizio di verifica e controllo e spostato a funzioni di segreteria, qualunque siano le sue aspettative e/o ambizioni. Qualunque siano, persino, le sue capacità.
La legge 441 del 1982 obbliga i parlamentari a dichiarare pubblicamente ogni anno il proprio stato patrimoniale. Come direbbe, opportunamente, il deputato Cetto Laqualunque, “purtroppamente” la stessa legge precisa che per “pubblicazione” si intende che i dati patrimoniali siano inseriti in cartelle custodite da un apposito Bollettino consultabile esclusivamente recandosi presso le sedi fisiche delle due Camere. E naturalmente occorre l’assenso del singolo deputato o senatore.
Il ministro Boschi, abbiamo appreso, è azionista della Banca Etruria, suo fratello vi lavora inquadrato nei ruoli dirigenti e il padre ne è stato per poco meno di un anno vice presidente. Se fosse all’Agenzia delle Entrate o in un qualunque altro comparto della pubblica amministrazione, sarebbe stata già da tempo “aiutata” a dimettersi, a cambiare ruolo, a dismettere le quote azionarie e non so che altro provvedimento finalizzato a estinguere in radice ogni possibile conflitto di interessi. Perché questa semplice regola di trasparenza per lei non dovrebbe valere? Questa è la risposta che Saviano chiede al PD e alla ministro, se per loro deve vigere la solita deroga che solleva chi detiene il potere dal rispetto di quelle regole che invece si pretende che i cittadini osservino. Chi comanda, deve dare l’esempio, a questo principio non può darsi eccezione.
Personalmente credo che Renzi abbia avviato un processo di rinnovamento importante e vitale e credo che abbia nelle sue vicinanze molte persone in grado di subentrare a chi è caduto per un errore di percorso (tale è ormai da considerare la Boschi, se si vuole essere coerenti e credibili). La stessa Boschi dovrebbe per prima evitare ogni imbarazzo al premier e alla squadra di governo, fare un passo indietro, ammettere di essere stata leggera nel considerare gli intrecci – comunque a lei noti – tra il suo ruolo pubblico e la sua vita privata. Quello che conta non è salvare la faccia del singolo ministro che con troppa evidenza è persona in buona fede, ma ha sbagliato e non poco, e lo ha fatto da un podio che non ammette scuse. Se un errore come il suo è perdonabile ad un livello inferiore, non lo è nel suo caso. Il potere ha questa peculiarità, deve rispettare le stesse regole che vigono per la base ma è imperdonabile per i piccoli errori che altrimenti vengono tenuti per veniali. L’altezza amplifica ogni cosa, la posizione di vertice rende enormi i doveri e instabili i diritti, quando il potere lo si esercita per il bene comune. Altrimenti il fine è personale, qualunque sia il travestimento prescelto.