Cosa valgono i docenti

Torno a riflettere sull’introduzione, in forza di un decreto delegato, di una derubricazione delle insufficienze che renderà la maturità dei nostri studenti un impegno sempre meno impegnativo. Ho già chiarito come si tratti di un provvedimento che in ultima analisi rende sempre più rigida la nostra società che ha invece bisogno di recuperare grande mobilità, pena la morte per asfissia. I sintomi sono sotto gli occhi di tutti. Ora mi chiedo quale idea di “docente” stia dietro un provvedimento che annienta il valore del giudizio di un insegnante, di quelli cioè che si ostineranno a conferire una insufficienza. Al netto di quelli che invece, giustamente avviliti da continue innovazioni senza respiro strutturale, sceglieranno invece la strada del disimpegno.

Abolire il valore della sufficienza significa quindi instaurare un regime autoritario che in forza di una “ragion di Stato” – cioè, come sempre, coincidente con una posizione personalissima – di un ministro appena arrivato e con una storia che descrive confidenza con ambienti sindacali e tessili ma non scolastici, umilia il lavoro e il sacrificio di coloro che a scuola ci vanno per vocazione e non solo per uno stipendio sicuro. Significa, ancora, svuotare sotterraneamente anche l’ultima componente sana della scuola italiana, quella dei docenti bravi, che credono nel lo ro lavoro, nella loro missione, a prescindere dalla considerazione sociale (e ministeriale) che li associa a malfattori, furfanti e fannulloni. Che invece si trovano altrove, popolano le aule parlamentari e i mille rivoli istituzionali e non dove si annidano i privilegi di chi vive sul denaro pubblico, senza guadagnarselo, senza meritarselo.

Abolire la sufficienza per l’ammissione all’esame di maturità significa dare pieno diritto ai cialtroni che pure dentro la scuola si trovano, quelli che cercano ogni ininfluente dettaglio formale per inchiodare con la forza cieca della legge il personale scolastico che ha giudicato non ancora pronto un apprendimento, facendolo nell’interesse di una vera e sana crescita degli alunni.

 

Alla luce di questa considerazioni, mi chiedo cosa aspettino i docenti e le loro organizzazioni a muoversi e tuonare contro lo svilimento della loro dignità professionale. Mi chiedo cosa stia bollendo nella pentola dei sindacati di categoria che sono sempre pronti ad annunciare scioperi ancora prima di apprendere le novità normative e che invece ora, in presenza di un dicastero guidato da una collega, non alzano la voce né lo sguardo per comprendere in profondità i rischi di un ulteriore frettoloso intervento in ambito scolastico. Ancora una volta, senza una vera idea complessiva e sistemica.

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