Mi volto e guardo gli anni passati. Quando ero bambino.
- Mamma scendo.
- Dove vai?
- Giù, in piazzetta, a giocare.
- Stai attento. E non fare tardi.
E finiva qui. Era il tempo della fiducia. Che si basava sull’accettazione culturale della dimensione del rischio come prova da superare e imparare a superare. Per diventare adulti.
Provo a pensare agli anni di oggi. Quando ero genitore.
- Mamma esco.
- Dove vai?
- Non lo so.
- Aspetta che ti accompagno, prendi il cellulare e ogni tanto dammi notizie, lasciami il numero dei tuoi amici, con chi vai?
- Poi ti giro il contatto.
E finisce qui. È il tempo della diffidenza. Che si basa sull’accettazione culturale della dimensione del calcolo come illusione di controllo su tutto. Per restare adolescenti, facili da condizionare in ragione delle esigenze del mercato.