La scuola: tornare al rischio

Mi volto e guardo gli anni passati. Quando ero bambino.

  • Mamma scendo.
  • Dove vai?
  • Giù, in piazzetta, a giocare.
  • Stai attento. E non fare tardi.

E finiva qui. Era il tempo della fiducia. Che si basava sull’accettazione culturale della dimensione del rischio come prova da superare e imparare a superare. Per diventare adulti.

Provo a pensare agli anni di oggi. Quando ero genitore.

  • Mamma esco.
  • Dove vai?
  • Non lo so.
  • Aspetta che ti accompagno, prendi il cellulare e ogni tanto dammi notizie, lasciami il numero dei tuoi amici, con chi vai?
  • Poi ti giro il contatto.

E finisce qui. È il tempo della diffidenza. Che si basa sull’accettazione culturale della dimensione del calcolo come illusione di controllo su tutto. Per restare adolescenti, facili da condizionare in ragione delle esigenze del mercato.

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Per una scuola poliglotta

Ogni insegnamento linguistico, entro un percorso d’istruzione, è fondamentale perché si tratta, al contempo, di apprendere non solo contenuti ma anche un sistema di comunicazione. A scuola, dunque, la lingua, le lingue, hanno una priorità formativa rispetto agli altri insegnamenti.
Di tale priorità non vedo traccia nelle preoccupazioni di una classe dirigente che ha sfornato tante riforme sulla base di altre esigenze, che con la centralità degli alunni non hanno a che vedere. 

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Il tempo della scuola

Quando si dice che “la notte porta consiglio” si dice in metafora del valore del tempo, il tempo della riflessione. Meditare, ponderare, infine decidere ed agire.

Quando si dice “tempi bui” si lamenta, sempre in metafora, come il tempo sia il bene più facile a sprecarsi. Il tempo che non insegna, il tempo che non porta giudizio, il tempo che non è mai sazio di assistere al ripetersi dei medesimi errori.

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MICROSTORIE 4: voglio un fratello

  • Mamma, voglio un fratellino, tu ne avevi due.
  • Perché? Non ti basta la tua mamma? vedi, i tempi sono cambiati… 
  • Papà, voglio un fratellino, tu ne avevi uno.
  • Perché? Non hai tutto quel che vuoi? vedi, erano altri tempi…
  • Sì, vedo. Ma anche io ho bisogno di un complice.

Distribuire le conseguenze di un crimine, per un equo processo penale

La lettura del verbale che convalida gli arresti dei tre minorenni e un maggiorenne di appena 20 anni che hanno aggredito una giovane coppia di turisti polacchi, lascia senza fiato. Un congolese (il solo appena maggiorenne), un nigeriano e due fratelli marocchini fra i 15 e i 17 anni. Un branco di coetanei senza freni inibitori. Cosa succederà adesso? Proviamo a capirlo insieme.

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Proviamo a dirci qualche verità sulla scuola…

Immaginate di essere titolari di uno studio legale. Siete in procinto di seguire una causa importante. Prendete uno studente laureato in legge e lo mandate in tribunale a nome dello studio.

Oppure: il vostro studio ingegneristico riceve un appalto per la progettazione e costruzione di un ospedale. Prendete un laureato in ingegneria, seppure con 110 e lode, gli affidate progettazione e costruzione dell’ospedale.

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Quando sento che l’Italia è in crisi, penso…

Quando sento che l’Italia è in crisi, penso

Agli stipendi dei politici, ai benefit dei parlamentari e all’estensione per i loro parenti

Quando sento che l’Italia è in crisi, penso

Alle pensioni d’oro di chi dovrebbe dare l’esempio

Quando sento che l’Italia è in crisi, penso

Al cumulo di pensioni consentito a chi ha ridotto l’Italia in crisi

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Per Nicolò Ciatti: addio caro ragazzo nostro

Un giovane come Nicolò, non si uccide con un calcio. Per quanto pseudo-addestrato fosse l’idiota che gli ha sferrato il calcio fatale, se Nicolò fosse stato vigile non sarebbe morto. Avrebbe avuto una reazione difensiva che avrebbe attutito il colpo, avrebbe avuto energie per assorbire parte del colpo. Se dunque, quel calcio è stato mortale, è perché col concorso di altri due imbecilli ceceni, il suo assassino alla fine si è trovato davanti un ragazzo inerme, con i muscoli ormai allentati, che avevano ceduto all’incoscienza.  Ergo: c’è concorso di colpa in assassinio da parte degli altri due che quegli  inetti dei giudici spagnoli hanno rimesso in libertà con incomprensibile fretta. Ergo: c’è complicità in omicidio, dal punto di vista etico, di quegli inadeguati giudici. Ovvio che chi ha sferrato l’ultimo colpo debba avere la pena più grave, ma che gli altri concorrenti non ne abbiano nessuna è una palese violazione del senso di giustizia, un’offesa all’intelligenza e alla dignità della famiglia di Nicolò Ciatti. Ora l’Italia, abituata ad essere debole coi forti e forte coi deboli, che farà? come tutelerà la memoria di questo nostro giovane andato in vacanza e tornato in riposo eterno? lo tratterà come Giulio Regeni? Con lo stesso polso? la stessa strategia?

Addio Nicolò, sono con te, soffro con tuo padre e con tua madre, con tua sorella, con tutti quelli che ti hanno amato. Ti accolga l’amore di Dio per una eternità di pace e speranza, quelle che questa maledetta terra di furibondi pazzi scellerati nega mentre naufraga tra violenza sconforto solitudine avidità e cecità.