Ma che cos’è questo “cambiamento”?

Ma che cos’è questo “cambiamento”? Tutte le forze politiche lo chiedono, lo ripetono, lo promettono. In sostanza, se mi è concesso un neologismo, tutti lo vanverano e nessuno lo agisce. Il PD sulla questione del cambiamento si è incartato da tempo, da una parte ci sono Bersani e i grandi burattinai come D’Alema che non se la sentono di rinunciare al finanziamento pubblico e a tutto ciò che conserva l’aura privilegiata della politica all’italiana. Renzi chiede ai suoi più coraggio, ma porta avanti la proposta di un governo col PDL per uscire dallo stallo. Non può non sovvenire una celebre riflessione di Einstein che riteneva che: “I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di conoscenza che li ha creati”. Che, tradotto nella lingua povera che ormai residua, significa che il problema della politica italiana non può essere risolto dalla politica italiana. Ha ragione Grillo, dunque, a insistere col “Tutti a casa”, Renzi compreso? Forse, anche se resta il dubbio dell’affidabilità di Grillo, ma come si dice? Se è certo che la vecchia strada da parecchi decenni ha provocato solo danni, perché diffidare del nuovo? Al limite, si tratta di barattare una certezza negativa del 100% con una probabilità positiva del 50%, abbastanza perché ragionevolmente si inverta la rotta. Eppure, proprio come accade nella scuola – laboratorio in cui si prepara il futuro di ogni società – si insiste a rimaneggiare le vecchie formule pretendendo che un po’ di tinteggiatura di facciata possa sanare i problemi strutturali. Fantasia (o truffa) che nessuno praticherebbe nella propria casa

Per concludere: che cos’è questo cambiamento? In Italia, con buona pace dei leghisti, non è che l’ipoteca stigmatizzata da Tomasi di Lampedusa: “Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente”. Ci sarebbe da diffidare, da rassegnarsi, da deprimersi perché il cambiamento, in Italia, sembra la dimensione esatta dell’impossibile. Ma invece è bene tentare sempre di far qualcosa, costasse anche un subitaneo ritorno alle urne. Ai giovani, a chi ancora ci crede, sulla scia della speranza che Papa Francesco sembra avere riacceso nelle genti comuni, suggerisco di confidare nell’auspicio del patrono d’Italia, San Francesco, che pare abbia così predicato: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.

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