La solitudine dei prof nelle scuole “difficili”

La solitudine dei prof nelle scuole “difficili”. L’articolo integrale su Repubblica Palermo 4-3-2017

Chi, in questa città oberata di periferie abbandonate, può dirsi stupito del blitz delle Forze dell’Ordine nel ghetto dello ZEN? E chi se la sente di mostrarsi inorridito per le dichiarazioni di una donna: “Gli sbirri hanno portato via il padre a mio figlio” (Repubblica del 2-3/2017). 

A destare la nostra attenzione deve essere invece l’appello accorato che lo Stato reale rivolge allo Stato astratto, la scuola che chiede di non essere lasciata sola. Un paradosso. Quante scuole si sono via via trasformate in sofferte trincee invece di svolgere il proprio ruolo di laboratori?

Mi sento molto vicino alle problematiche denunciate dagli operatori scolastici dello ZEN. Vivo una realtà analoga come dirigente scolastico di un istituto del quartiere PEEP di Carini, soprannominato ZEN3 per la presenza di una comunità proveniente dal “ghetto” di Gregotti che si è insediata nei palazzi di edilizia popolare sorti appunto al PEEP. Analoghi i problemi della comunità residente, famiglie con grandi difficoltà economiche, elevato tasso di disoccupazione, padri che a più riprese vengono arrestati, madri che non sanno cosa dare da mangiare ai figli che sono i nostri alunni, talvolta riottosi, altre volte violenti. Di alunni così “difficili”, prima da docente e poi da dirigente, ne ho avuti migliaia. Per tutti costoro, giovane umanità dolente, non c’è che una modalità di relazione ed è l’amore a oltranza. Si deve imparare a volergli bene nonostante le imperfezioni e le intemperanze. Non hanno scelto di nascere dove è capitato loro e se a casa non ricevono una educazione adeguata non c’è che la scuola a offrire una possibile alternativa. Che però spesso è inadeguata ma non può tirarsi indietro. La scuola è il solo luogo in cui un minore può comprendere l’errore civile dei genitori senza rinunciare a volergli del bene, perché la scuola comprende senza giudicare, unisce offrendo una chance ad ogni diversità.

La cornice sociale che circonda le scuole con l’essenzialità di un deserto, comprende fenomeni di diversa natura ma accomunati dalla condivisione di quel vuoto liquido che ha soppiantato le società eticamente fondate. Vi rientrano l’atteggiamento dei genitori che tendono a replicare nei figli le barriere sociali che hanno introiettato come il vaniloquio istituzionale che disperde energie preziose in contenziosi inconcludenti, la recita pubblica che rende omaggio alle scuole come lo squallore burocratico che ne instupidisce il funzionamento sul territorio.

Dire che le scuole sono presidio di legalità è, a tutti gli effetti, una delega formale con cui lo Stato lava la coscienza sporca della propria inadeguatezza nella gestione del territorio. La solitudine delle scuole e l’acredine sociale nei confronti di tutto questo mondo discende da una visione politica diffusa che coniuga Sviluppo a partire dal Denaro, quando sarebbe più vantaggioso fondarsi sull’idea di Persona. Cessato l’allarme, lo ZEN tornerà nell’acquiescenza della suo quotidianità, dove l’illecito si muove alla luce del sole e i resistenti della convivenza civile sono invece costretti a muoversi senza destare attenzione, cedendo spazi pubblici sempre soggetti alle appropriazioni indebite.

La scuola è da decenni territorio lunare, qualcuno ricorderà che all’annuncio dell’invenzione degli Space Shuttle ci fu chi si prenotò per un viaggio turistico e persino qualcuno che aprì agenzie per la vendita di lotti di terreno lunare. D’altra parte, si giustificarono i pionieri dell’ennesima truffa, quale legge e di quale paese avrebbe mai potuto impedire una libera e futuristica transazione? Con analoghe velleità, la scuola è soggetta più alle prospettive dei sindacati che non alla riflessione pedagogica degli esperti, si regola sulla base più delle infernali architetture contrattuali che della limpidezza delle norme generali e di settore. La solitudine della scuola è il segnale che nelle scuole si stanno spegnendo gli ultimi fuochi di una resistenza civile che altrove ha abdicato da tempo. Forse è già troppo tardi.

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