Il tempo della scuola

Quando si dice che “la notte porta consiglio” si dice in metafora del valore del tempo, il tempo della riflessione. Meditare, ponderare, infine decidere ed agire.

Quando si dice “tempi bui” si lamenta, sempre in metafora, come il tempo sia il bene più facile a sprecarsi. Il tempo che non insegna, il tempo che non porta giudizio, il tempo che non è mai sazio di assistere al ripetersi dei medesimi errori.

La scuola, tristemente, è uno spazio privilegiato per osservare il valore del tempo. Il valore che diamo al tempo. Il valore che lo Stato assegna al tempo. Utile per rilevare il valore sociale di cui il tempo gode presso una comunità. E non ci sono buone notizie.

A cosa serve il tempo scuola? Sostanzialmente a crescere, quale che sia il percorso e quali che siano gli esiti del profitto. La scuola dovrebbe essere un laboratorio da 3 a 18 anni, nel corso del quale fare il meglio per educare i giovani e prepararli ad essere adulti. Ma le idee in merito e le prassi in atto vanno in altre direzioni. C’è chi pensa che debbano prepararsi al lavoro, chi ha fretta di farli uscire per lanciarli allo sbaraglio in un mondo che li ostacola con cinismo, chi ritiene debbano essere inquadrati entro qualche dottrina o ideologia. Non abbiamo ancora imparato che la scuola dovrebbe essere il tempo della libertà individuale, entro una cornice di comunità solidale. E che il personale che vi lavora e quello periodicamente beneficiario della guida politica del Paese, nei diversi e complementari ruoli, dovrebbe facilitare questo processo per ogni studente, con differente modalità per i fortunati che vivono in contesti familiari positivi e per i meno fortunati che non possono vantare altrettanto. Sembra banale ma è ancora chimera. Salvo lodevoli interventi frutto di dedizione personale di singoli individui mal distribuiti nel territorio nazionale.

Eppure nessuno pensa al tempo scolastico. Lodiamo il sistema finlandese, ma abbiamo voluto gli anticipi per l’iscrizione a cinque anni nella scuola elementare pur sapendo che i risultati eccellenti della Finlandia nascono dall’iscrizione a sette anni. Abbiamo impedito per trent’anni le riforme, dal 1974 al 2004, e ne abbiamo poi sfornate una ad ogni cambio di governo, senza mai rivedere l’organizzazione e la coerenza del tempo scolastico. Una montagna di leggi e regolamenti per ridire quel che già si era detto, generando incertezza, confusione, stanchezza, frustrazione ma mai ripensando il sistema intero che ha la sua nervatura centrale nella scansione temporale in tre cicli. Ora si improvvisa una sforbiciata dell’ultimo anno, quasi fosse una gemma apicale e, come tale, impedirà che l’albero della scuola cresca.

Dal 2009 una intensa (e anche tardiva) iniziativa per rivedere gli spazi dell’apprendimento, dinamica già in atto per iniziativa individuale delle scuole e del loro personale, che ha assorbito tutte le risorse governative disponibili, che potevano semplicemente essere gestite mediante l’elargizione di contributi seri alle scuole, quelle che hanno saputo spendere i soldi già perduti dai Comuni e provenienti dal budget europeo (i PON edilizia e sicurezza). Le scuole che non godono mai della fiducia di nessuno.

La scuola è il laboratorio in cui uno Stato immagina e prepara il proprio futuro. Ed oggi è un panorama dove i genitori risolvono con la violenza le insoddisfazioni o le inadeguatezze proprie e dei propri figli a cui impongono modelli sbagliati, come se il tempo dell’educazione fosse inutile o dannoso; dove accade, per esempio, che si lotti sindacalmente perché due ore di presenza pomeridiana del personale siano riconosciute come tempo della formazione, quasi che aggiornarsi fosse un bilancio di ore a prescindere dal contenuto; dove risulta impossibile che un dirigente e un collegio docenti decidano di introdurre lo studio di una lingua diversa che risulti più funzionale al progetto formativo, perché sindacalmente si deve privilegiare il mantenimento della sede di servizio di un docente che insegna la lingua che gli studenti non scelgono più, come se il tempo della didattica per la collettività dei giovani fosse subordinato a quello dei diritti individuali dell’adulto. E di esempi se ne potrebbero fare altri mille.

È questione di tempo… prima o poi, a tutti noi che abbiamo dedicato il tempo della nostra vita a questa scuola così confusa ed oberata, affiorerà sulle labbra una citazione: Io ne ho visto cose che voi umani non potreste neanche immaginarvi…