Corsi di formazione in tecnica del furto

In Italia si ruba. La dico come semplice constatazione di fatto. La rilevo come dato culturale, così se ne possono trarre conseguenze che acquistano una certa logicità. Sarà che abbiamo una densità criminale elevata e in costante crescita – come dato in netta contro tendenza rispetto a tutti quelli che indicano crisi… – e che siamo impegnati in “ben altre” illecite attività da contrastare, ma resta difficile comprendere perché nel nostro paese debba essere tollerato ogni reato di furto. Più di un perdonismo docile ed ebete, cartina di tornasole di una imbecillità codarda diffusasi in sostituzione del senso critico, mi pare sintomo di una deriva che parte dall’alto. Ok, battuta facile, lo so, con la solita allusione alla politica e a tutti i mangiafranchi che da quella ricevono foraggio o alibi per foraggiarsi da sé. Ma la direzione, un Paese la riceve dalla sua guida e se al comando si accettano deroghe, va da sé che a cascata tutti gli altri derogano. E siamo alla doppia morale di cui parlava Falcone.

Veniamo al paradosso. Posto che da noi si ruba e si accetta che si rubi – non proprio un sopportare, non parlo di tolleranza, parlo di una forma subdola di correità – la domanda che mi pongo è sempre la stessa e mi torna in mente ogni volta che vedo e sento le notizie dei TG che raccontano di furti, di arresti per furto e altre imperfezioni che sempre rendono il recupero del malloppo una avventura senza un finale chiaro. La redazione mostra il filmato ricevuto dalle forze dell’ordine che hanno sequestrato le registrazioni del sistema di video vigilanza di un negozio, per esempio. Si vedono i ladri rompere un vetro, penetrare all’interno, arraffare roba e scappare via. Il commento del giornalista riferisce tutti i dettagli appresi – probabilmente – dalle stesse forze dell’ordine che ad ogni arresto si affrettano a convocare conferenze stampa. Col commento notiamo, noi spettatori e vittime passate presenti e future di altri furti, che in effetti i ladri avevano le mani nude e così non ci sfugge l’osservazione: “individuati grazie alle impronte”. Oppure: “individuato grazie alle riprese delle telecamere che hanno mostrato un tatuaggio sul polso”.
La domanda che mi faccio allora è la seguente: a me cittadino, cioè potenziale derubato di domani, che valore aggiunto mi dà questo dettaglio che è stato utile agli inquirenti? Rispetto alla notizia sobria: “arrestati dopo il furto”, che cosa effettivamente resta nell’animo? A me resta l’ansia di un furto futuro più difficile da scoprire. Perché, a me pare, i soli a cui quei dettagli tornano utili sono proprio i ladri. Ladri che torneranno in esercizio a breve, a brevissimo termine, posto che in Italia si deroga talmente tanto al furto che il reato è depenalizzato. Ho cioè l’impressione che i servizi giornalistici, realizzati con la complicità cieca delle forze dell’ordine, costituiscano piuttosto degli “study case” con cui gli interessati – il popolo dei ladri – possono fare “aggiornamento professionale”, migliorando, di colpo in colpo, la personale maestria. Gratuitamente. Considerando anche l’amplificazione che i media consentono, non v’è dubbio che il telegiornale sia diventato una specie di offerta formativa quotidiana che insegna il mestiere a chi intende (persino a chi è costretto) diventare ladro. Siamo al paradosso per il quale una superficiale valutazione dell’operato di intere categorie, crea situazioni che diventano corsi di formazione in tecnica del furto e se pensiamo che tra gli attori di questa pantomima ci sono anche le TV di Stato, come non chiedersi se sia corretto che lo Stato si adoperi per migliorare la competenza tecnica di chi non riconosce le regole di Stato?

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